Page 215 - La passione di Artemisia
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sorelle.  Almeno esistevano dei committenti che si sentivano stuzzicati da

          una donna che dipingeva altre donne. Ma se mia figlia non si interessava
          alle  donne  che  dipingevo,  chi,  oltre  a  quei  pochi  committenti,  l'avrebbe
          fatto? Quello che avevo fatto avrebbe avuto ancora un significato nel corso

          dei  secoli?  Mi  era  necessario  credere  che  vi  fosse  uno  scopo  dietro  ogni
          Betsabea,  dietro  ogni  Giuditta,  e  ogni  Lucrezia  e  ogni  Susanna.  Se  non
          avessi pensato questo, tutto il lavoro di una vita sarebbe stato vano.
               Guardai  l'ovale  della  luna  sorgere  sulla  baia  e  accendere  una  striscia
          ondulata  di  peltro  liquido  sotto  di  sé.  Mancava  di  lucentezza.  La  perla

          notturna di Galileo, opaca e piatta come un piatto sporco. Aveva avuto la
          sensazione che il suo lavoro fosse stato inutile, quando era stato costretto
          all'abiura?

               Attesi finché tornai a essere calma, poi aprii pian piano la porta. Palmira
          guardava fissamente le piastrelle del pavimento, con un pezzo di pane in
          mano.  Sul  piatto  erano  rimasti  del  formaggio  e  qualche  fetta  di  salame.
          Spinse  il  piatto  verso  di  me.  Mi  versai  del  vino,  presi  il  formaggio  e  mi
          sedetti.

              Fissai il liquido color rubino. «Cos'è che vuoi veramente?»
              La mia voce era priva di espressione.
              «Voglio sposare Andrea».

               Strappai un pezzo di pane e lo intinsi nell'olio. «Più di qualunque altra
          cosa al mondo? E' così che dev'essere, lo sai».
               Annuì.  Le  mani  rosee  abbandonate  in  grembo,  a  palme  in  su,  erano
          incurvate come due conchiglie. Non erano state ancora segnate dal lavoro o
          dal dolore.

              «Non  tanto  l'idea  di  essere  sposata,  come  non  dev'essere  l'idea  di
          diventare una pittrice».
              «Lo  so.  Lo  so».  Sospirò  rumorosamente,  seccata.  «Io  voglio  sposarmi

          davvero. Con un uomo, non con un lavoro».
               Non  potevo  rispondere  a  questo,  altrimenti  avremmo  ricominciato
          daccapo.
              «Anche  Andrea  lo  vuole.  Me  lo  ha  detto  al  ballo».  Parlava  con  quella
          stessa voce petulante che aveva negli anni di Firenze.

               Ripensai  a  quando  Pietro  e  io  la  portavamo  da  piccola  nelle  chiese  e
          nelle gallerie della città. A come trattenevamo il respiro quando l'avevamo
          tenuta  davanti  al  vescovo  in  Battistero.  A  come  la  bellezza  del  corpo  di

          Pietro  mi  aveva  fatto  desiderare  ancora  l'amore.  E  a  come  Palmira
          probabilmente  desiderava  la  stessa  cosa.  Come  potevo  aspettarmi  che
          avrebbe preferito le mie passioni alle sue?
               Aveva  una  possibilità  di  ottenere  ciò  che  io  avevo  tanto  agognato  -
          sposarsi per amore.



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