Page 214 - La passione di Artemisia
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«Perché non volevo che tu vedessi le brutture del mondo. Ecco qual è

          stato  il  mio  errore.  Non  sono  segni  dell'età,  Palmira.  Mi  sono  stati  fatti
          quando avevo la tua età».
               Mi avvicinai a lei e mi piegai, piano piano, con le mani ancora davanti ai

          suoi occhi. Lei arretrò.
              «Sono dei segni di tortura, cicatrici di ferite che mi sono state inflitte in
          tribunale  il  giorno  che  uno  stupratore  mi  ha  chiamato  puttana.  Dunque,
          non usare mai quella parola alla leggera».
               L'afferrai  per  il  gomito  e  la  trascinai  di  fronte  alla  mia  Giuditta  che

          uccide  Oloferne.  «Su  quel  materasso  c'è  il  mio  sangue,  ed  è  stato  il  mio
          dolore  che  ha  dato  inizio  a  questa  carriera  che  ti  ha  mantenuta  a  pane  e
          vestiti da ballo.

              Dunque non ti permettere di dire che è una follia».
               Uscii  di  furia  e  sbattei  la  porta.  Che  rimanesse  lì  a  chiedersi  se  sarei
          tornata.  La  sua  vita  era  stata  troppo  facile  e  in  una  vita  facile
          l'immaginazione non si sviluppa.
              Percorsi la via strappando foglie dai cespugli. Palmira.

               Oh, Palmira. Che errori avevo commesso nel crescerti, per renderti così
          insensibile? Nemmeno un accenno di solidarietà.
               Non una carezza sulle mie mani. Non un brandello di compassione che

          avesse traversato il tuo volto.
               Ricordai quando le avevo donato il pennello di Michelangelo per il suo
          ultimo  compleanno,  dicendole  che,  di  tutto  quello  che  possedevo,  quel
          pennello era la cosa per me più preziosa. L'aveva rigirato, si era strusciata le
          setole sui polsi, fingendo di dipingere e poi me lo aveva restituito.

              «Tienilo  tu,  mamma».  All'epoca  avevo  creduto  che  l'avesse  fatto  per
          rispetto verso quell'oggetto. No, non era affatto questo. Quel dono per lei
          non significava nulla.

               Camminare mi confortò. D'inverno il crepuscolo arriva presto e la gente
          si  chiude  nelle  case.  Arrivai  sulla  piccola  altura  dove  sapevo  che  avrei
          potuto almeno intravedere la baia e mi fermai per prendere fiato.
               No.  La  vita  di  Palmira  non  era  facile.  Non  era  del  tutto  vero.  Vedeva
          come  viveva  la  gente  ricca  e  poi  andava  a  dormire  in  una  stanza  fredda.

          Quattro volte era stata sradicata.
               Giurai che non le avrei mai più imposto una cosa del genere. Ora che
          conosceva tutta la mia storia, mi avrebbe perdonata per averle negato un

          padre in nome dell'arte?
               Oppure,  nella  sua  testa,  il  sacrificio  che  le  avevo  imposto  era  stato
          troppo grande? Perché l'arte aveva un prezzo tanto elevato?
               Dovevo  accettare  che  le  storie  che  stavano  dietro  le  mie  tele  non
          significassero nulla per Palmira, anche se per me quelle donne erano come



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