Page 208 - La passione di Artemisia
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24. Betsabea







              «Se vuoi dipingere, devi studiare il nudo femminile», dissi una mattina,
          poco  tempo  dopo  il  ballo,  dopo  essere  uscita  dal  bagno.  «E'  quello  che
          vogliono  da  una  pittrice.  Don  Ruffo  vuole  un  quadro  con  Davide  e
          Betsabea. Lo faremo insieme. Vediamo se riuscirà a capire se Betsabea l'ho
          dipinta io oppure tu». Misi della legna sul fuoco, mi tolsi la vestaglia e mi

          misi in posa su una bassa panca. «Disegnami».
              «Mamma!»
               Palmira rimase sconcertata dal vedere un corpo nudo, il mio corpo, in

          modo  tanto  inaspettato  e  per  lungo  tempo  non  riuscì  a  cominciare,
          nemmeno a guardare.
              «Dimentica  che  sono  io.  Fai  finta  che  sia  una  modella  che  hai
          ingaggiato.  Ricordi  come  correvi  avanti  e  indietro  dallo  studio,  quando  a
          Genova dipingevo Cleopatra?»

              «Ma era diverso. Non eri tu».
              «Era una brava modella, perché si sentiva a suo agio nel posare nuda. E
          anch'io. Non ho nulla da nascondere.

               Questo  è  il  corpo  che  ti  ha  generato,  cara».  Feci  una  pausa  e  poi
          aggiunsi piano: «Guarda».
              A fatica, lasciò che lo sguardo scivolasse sul mio corpo.
              «E' più rilassato di quando appare stretto nel busto, vero?»
              Palmira annuì.

              «E' una visione eccessivamente realistica del tuo futuro?»
              «Forse».
              «Quello che vedi è normale, Palmira. Fa parte dell'essere donna».

              Tracciò alcuni tratti, ma poi si irrigidì, stringendo il carboncino.
              «Non ci riesco».
              «Comincia segnando le proporzioni, come per qualunque altro disegno.
          Poi inizia dall'ovale della testa e procedi verso il basso».
              Ricominciò, lentamente.

              «Nota come il peso della carne rende le forme asimmetriche», dissi.
              «Ho paura di quello che può risultare sulla carta».
              «Sii fedele a quello che vedono i tuoi occhi e non avrai nulla da temere.

          Non cercare di abbellirmi. Non ignorare le pieghe della pelle. Lascia che il
          tuo sguardo studi ciò che accade ai capezzoli di una donna che ha allattato.
          E' la storia che racconta il mio corpo. Noi, tu e io, siamo qui per dipingere il
          vero. Fa' che gli altri ci trovino il bello».
               Dopo  queste  parole  tacqui  e  alla  fine  Palmira  fu  tutta  presa  dal  suo



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