Page 204 - La passione di Artemisia
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«Quando verrà il giorno starò meglio, te lo prometto.

              Lasciami stare per un po'», le dissi.
               La  sera  del  ballo,  una  serata  afosa  e  pesante,  ci  preparammo  insieme
          come  due  sorelle,  stringendoci  reciprocamente  i  lacci  del  corpetto  e

          aiutandoci a pettinarci. Quando terminai di farle l'acconciatura, le misi una
          mano su una spalla. «Aspetta». Presi il fermacapelli con la pietra rossa e la
          perla dal mio cofanetto.
              «Non vuoi metterlo tu?» mi domandò Palmira.
              «No. Mettilo tu». Glielo fissai dietro la testa. «Ecco. Mia madre sarebbe

          contenta».
              «Pensi che lui lo vedrà lì?»
              «Sciocchina.  I  suoi  occhi  innamorati  sfioreranno  ogni  centimetro  del

          tuo  corpo  e  da  ogni  angolatura».  Rise  e  la  melodia  della  sua  felicità  mi
          sollevò lo spirito. «Alzati in piedi».
               Si alzò e accennò un passo di danza. La gonna le vorticò attorno come
          un'onda lucente e i fiocchi delle sue scarpine di raso bianco fecero capolino
          dall'orlo.

              «Sei un incanto».
              Venne a prenderci Francesco Maringhi con la sua carrozza.
               Non lo avevo mai visto vestito con tanta eleganza - giubbone di velluto

          nero con inserti di raso bianco sulle maniche e una piccola gorgiera bianca.
          Fece un inchino, baciò prima la mano di Palmira e poi indugiò sulla mia,
          fissandomi.
              «Mi  sento  profondamente  onorato  di  scortare  due  belle  signore  come
          voi. Palmira, tu sembri la regina greca che portava il tuo nome e tua madre

          mette in ombra la dea che la partorì».
              «Siete  troppo  galante,  Francesco»,  dissi.  Palmira  e  io  sorridemmo
          insieme  di  fronte  alla  sua  adorazione,  che  fece  scomparire  la  mia

          malinconia e rassicurò Palmira.
              «Danzerete la pavana questa sera?» ci domandò.
              «La  danzerà  Palmira.  Si  è  esercitata  tutta  la  settimana  a  provarne  i
          passi, con un libro di danze in mano».
              «Mamma! Non lo devi dire».

              «Ma è solo Francesco. Non c'è nulla di male se lo sa».
               Il palazzo era illuminato da torce poste sul tetto e all'ingresso, ingombro
          di carrozze con le loro lanterne. Dalle finestre proveniva un chiarore giallo

          pallido.  Un  valletto  in  livrea  venne  ad  aprire  lo  sportello  della  carrozza
          dandoci il benvenuto. Francesco scese rapidamente e ci porse la mano per
          aiutarci  a  scendere.  «Belle  signore».  Canticchiando,  ci  scortò  all'ingresso,
          offrendo un braccio a ciascuna.
               Palmira gli chiese: «Non mi rimarrà intorno tutta la sera come uno zio,



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