Page 200 - La passione di Artemisia
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23. Napoli
«Prima gli scalpellini signora. Ordini del vescovo».
«Ma perché una pittrice dovrebbe aspettare che ogni singolo scalpellino
abbia il dovuto?»
«Hanno delle famiglie da mantenere».
«E io no?»
Le mani dalle unghie ben curate e color avorio del prete sporsero
dall'ampia manica, come a mettere a tacere il mio reclamo.
«Avete dimenticato, monsignore, quello che dice l'apostolo Paolo? Per
Cristo non esiste né schiavo né libero, né greco, né ebreo, né uomo, né
donna».
«Mi dispiace, signora. Venite dopo il giorno di Ognissanti».
Non mi sarei messa a supplicare. Mi volsi verso Palmira, i cui occhi
scuri erano in fiamme e le feci cenno di uscire.
Fuori, il sole di Napoli ci illuminò.
«Mamma, come hai potuto lasciare che quello...»
«Zitta. Aspetta».
Attraversai la piazza, lasciandomi la chiesa alle spalle e mi passai la
mano sulla spalla, come a voler scacciare una mosca. «Preti!» dissi
sbuffando. «Quattro anni passati a costruirmi una reputazione tra i nobili
di questa città e questo pretuccio pensa di potermi trattare come un operaio
qualsiasi».
Palmira affrettò il passo per starmi dietro. «Che farai allora?»
«Dirò a Francesco di scrivere al vescovo. Oppure gli scriverò
personalmente. Ma che vogliono? Che mi metta un saio e mi copra di
cenere? Che mi penta per essere nata donna? Sono felice di essere donna e
voglio che lo sia anche tu». Alzai la voce in tono di sfida. «Se fossi un uomo
sarebbe troppo facile vivere di pittura».
«E adesso, come farai a pagare il mio vestito da ballo?»
«Un po' alla volta. Delia può tenere il vestito finché non l'ho pagato
tutto».
«Ma il ballo di Andrea!»
«Andrea, Andrea. Ultimamente non ho sentito parlare d'altro che di
Andrea, come se fosse le sette bellezze, un Adone che se ne arriva tutto
nudo e ammantato di bellezza su una conchiglia».
Mi bastò un'occhiata al suo viso disperato e preoccupato per addolcirmi.
Come doveva essere puro e bello essere travolte da un desiderio senza
complicazioni, sognando una festa da ballo.
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