Page 195 - La passione di Artemisia
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«E allora? Ci dev'essere un momento in cui una figlia prende le distanze
dagli errori infantili del proprio padre.
Credimi. So di che parlo».
Il ricordo del tradimento di suo padre mi si conficcò in gola come una
pugnalata violenta.
«Non vorrei provare risentimento per il mio peggior nemico. E' letale.
Non dirmi che non hai fatto alcun progresso su questo punto in tredici
anni».
«L'ho fatto».
«Allora siediti per bene e dimmi che hai imparato».
«Da che cosa?»
«Comincia da ieri. Dalla visita al Casino delle Muse».
«E' meraviglioso. Un soffitto affrescato con musicisti e personaggi che li
stanno ad ascoltare su un balcone dipinto come fosse vero». Lo rividi
ancora col pensiero e ne provai orgoglio.
«Sì. E...»
«Mio padre e Agostino hanno collaborato in modo straordinario. Senza
Agostino, mio padre non avrebbe mai saputo dipingere quelle complicate
strutture architettoniche, e lui lo sa. Avrebbe rovinato il progetto e la sua
carriera.
Doveva porre termine al processo». Con la voce più piana e serena
possibile aggiunsi: «Ha sacrificato la mia reputazione e la mia arte per le
sue».
Graziella scrutò il mio volto.
«Non voglio giudicare se sia stata una scelta criticabile o spregevole,
dico solo che è stata una scelta che ha dimostrato la volontà di pagare il
prezzo inevitabile».
«Se ti fossi trovata di fronte a una scelta analoga, non avresti fatto lo
stesso?» mi domandò.
Guardai Palmira, che dondolava le gambe.
«Sì».
«Che cosa capisci da questo?»
«Che in certi momenti della vita le nostre passioni ci rendono colpevoli
di dolore e di perdite. In altri momenti siamo noi che soffriamo - e tutto in
nome dell'arte.
Talvolta otteniamo ciò che vogliamo. Talvolta paghiamo per un altro,
che ottiene ciò che vuole». Guardai Palmira con espressione di scusa. «Così
funzionano le cose del mondo».
«E il perdono?»
Piantai i piedi a terra come se fossi sull'orlo di un precipizio.
«Ho imparato che il perdono non è cosa facile».
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