Page 202 - La passione di Artemisia
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«Non devi preoccupartene. Sono cuciti così. Provalo».

               Palmira corse a togliersi il corpetto e la gonna e rimase in camicia, con
          le braccia alzate, lasciandosi infilare il vestito.
               Delia  l'aiutò  con  il  corpetto,  lo  allacciò  con  dei  gancetti  nascosti  alla

          gonna e strinse i lacci. Le stava a pennello.
              «Sei  un'artista  Delia,  tra  le  più  brave».  Misi  il  denaro  sul  tavolo  e
          Palmira mi baciò sulla guancia.
               Entrando in casa, portando ognuna una parte del vestito, vidi l'angolo di
          una lettera che sporgeva da sotto la porta. Recava il sigillo dell'Accademia

          dei Lincei.
               Mia  Cara  Amica,  Graziosa e  Brillante  Artemisia  Gentileschi, temo che
          abbiate  disperato  di  ricevere  da  me  una  risposta  e  io  Vi  prego  di

          perdonarmi, perché possiate leggere questa lettera con la mente aperta e lo
          spirito brillante che ricordo essere la Vostra caratteristica.
              Sono stato colpito amaramente da quello che avevate previsto.
               Due  anni  fa,  dopo  aver  finalmente  completato  il  Dialogo  dei  Massimi
          Sistemi, in cui convalido la teoria di cui Vi parlai tanto tempo fa, portando

          come prova le macchie solari e le maree, mi recai a Roma, per ottenere il
          nullaosta del Santo Uffizio dell'Inquisizione così da poterlo pubblicare. Sua
          Santità papa Urbano mi accordò di buona grazia il permesso, a patto che ne

          modificassi  l'inizio  e  la  conclusione,  oltre  al  titolo,  in  modo  da  farlo
          apparire  solo  un'ipotesi,  cosa  che  ero  disposto  a  fare,  convinto  che  le
          argomentazioni  in  esso  contenute  fossero  abbastanza  forti  da  convincere
          Dio stesso. Dal momento che non desideravo rimanere a Roma con il caldo
          e  l'infuriare  estivo  della  peste,  feci  ritorno  alla  mia  villa  di  Bellosguardo,

          dove  scoprii  che  il  mio  vetraio  era  morto  in  modo  terribile,  colpito  dalla
          peste.
               Ottenni il permesso dell'inquisitore fiorentino di pubblicare il Dialogo a

          Firenze  e  all'inizio  di  quest'anno  ne  offrii  in  dono  la  prima  copia  al
          granduca  Ferdinando.  Solo  un  dispiacere  venne  ad  accompagnare  questo
          straordinario evento: Voi non eravate presente a Palazzo Pitti.
               Ora che la fortuna politica del Papa è mutata, Lui stesso mi costringe a
          comparire  di  fronte  al  Santo  Uffizio.  Come  Voi  avete  detto,  Roma  e

          capricciosa  e  pericolosa  e,  poiché  la  mia  salute  è  precaria,  trascorro  le
          settimane  che  mi  separano  dalla  partenza  sistemando  gli  affari  delle  mie
          proprietà e informando gli amici della mia difficile situazione.

               Ricordatevi sempre di me come di uomo degno di fiducia e amante della
          conoscenza,  come  io  Vi  ricorderò  per  il  Vostro  coraggio  e  la  Vostra
          rettitudine.
              Galileo Galilei Addì 20 di Novembre 1632 AD
               Che  coraggio  straordinario!  Posai  la  lettera  perché  mi  tremavano  le



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