Page 205 - La passione di Artemisia
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vero?»

              «Al contrario, sospetto che dovrò perdervi entrambe appena metteremo
          piede dentro».
               Due valletti ci aprirono le doppie porte ed ecco, fummo investiti da un

          fiotto di musica, luce, profumi e da centinaia di voci. Il salone che si apriva
          sulla scalinata era illuminato a giorno da mille candele, che accendevano di
          bagliori  i  lampadari  di  cristallo.  In  fondo  al  salone  c'era  un'orchestra  di
          violini, violoncelli e viole da basso, mentre gli ospiti si accalcavano attorno
          ai tavoli carichi di cibi raffinati.

               Quando Palmira entrò, la gente si girò. Andrea si staccò dalla folla e si
          diresse  subito  verso  di  noi.  «Benvenuti».  Mi  baciò  la  mano,  ma  subito  il
          suo  sguardo  fu  catturato  da  Palmira.  Si  profuse  in  un  lungo,  elegante

          inchino. «Siete bellissima. Sono onorato».
               Vestito di blu scuro, con i capelli neri pettinati all'indietro e divisi nel
          mezzo,  mi  parve  più  maturo  dell'ultima  volta  che  l'avevo  visto.  Offrì  il
          braccio  a  Palmira,  per  farle  fare  un  giro  del  salone  da  ballo,  mentre
          Francesco e io li seguivamo a rispettosa distanza, salutando le persone di

          nostra conoscenza, presentando i nostri rispetti ai genitori di Andrea e al
          conte e alla contessa di Monterrey e osservando le danze.
               La pavana era la danza più in voga quella sera. Ogni volta che i musici la

          suonavano,  si  univano  sempre  più  gruppi  di  quattro  e  noi  osservavamo
          ammirati  Palmira  e  Andrea  eseguirne  le  complicate  figure.  Ora  i  quattro
          erano in cerchio, tenendosi per mano, compiendo dei semigiri da un lato e
          dall'altro, mentre le ballerine, con le gonne ondeggianti, lanciavano sguardi
          maliziosi  ora  a  un  compagno  di  danza,  ora  all'altro.  Poi,  dopo  un  rapido

          saltello laterale, un inchino e un'occhiata seducente, i quattro univano le
          mani verso l'alto. Palmira era aggraziata e seducente.
               In  seguito  la  vedemmo  eclissarsi  con  Andrea  sulla  terrazza,  dove  si

          baciarono  sotto  la  luna  che  illuminava  la  baia  di  Napoli,  sospesa  in  cielo
          come un grosso frutto esotico.
               Vedere la mia piccola fare quello che desideravo tanto fare io stessa, mi
          procurò un po' di dolce sofferenza.  Se per lei o per me, non avrei saputo
          dire. Forse la musica e l'allegria, dopo la lettera di Galileo, mi avevano reso

          eccessivamente sensibile.
              «Niente tristezze in una sera come questa», incalzò Francesco.
              «No. Non è tristezza».

              «E allora, a che pensavate?»
              «A Palmira. E' come un'apparizione, che scivola inconsapevole verso il
          proprio  futuro»,  dissi.  «Presente  per  un  tempo  troppo  breve».  Francesco
          mi ascoltava attentamente.
              «Ho  fatto  del  mio  meglio  per  lei,  ma  un  giorno,  prima  o  poi,  dovrò



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