Page 19 - La passione di Artemisia
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La levatrice più giovane tirò la tenda, ma era talmente trasparente che
potevo vedere le figure attraverso. L'ufficiale giudiziario sistemò un
tramezzo tra il tavolo e il luogotenente, ma il notaio si posizionò dietro per
mettersi proprio di fronte al tavolo.
Io non riuscivo a muovermi. In aula si fece silenzio. La levatrice più
anziana mi si avvicinò. Afferrai i braccioli della poltrona, anche se mi
sentivo scoppiare le croste delle mani. Mi afferrò per un gomito e mi spinse
verso il tavolo.
Il lenzuolo che lo copriva era macchiato. Da qualche altra poveretta
violata quello stesso giorno? Come aveva potuto continuare a vivere?
Oppure era stata rinchiusa in convento da qualche parte?
Che cosa si poteva provare in quel modo? Agostino avrebbe detto solo
che mi aveva deflorata qualcun altro.
Mi sedetti sull'orlo del tavolo. Senza alcuna espressione, la levatrice
anziana mi fece cenno di stendermi e piegare le ginocchia. Mi sentii
sciogliere le ossa delle gambe. La più giovane si spalmò sulle dita del grasso
animale che puzzava di rancido e poi mi sollevò la gonna. Mi guardò come
una ragazza appena andata a servizio osserva un pollo che deve sgozzare
per la prima volta. Le sue dita unte si insinuarono dentro di me. Strinsi
tutti i muscoli e opposi resistenza. Fui inondata dalla sensazione di quando
li avevo stretti per opporre resistenza ad Agostino e tremai.
«Sarà più dura per voi se fate così», mi bisbigliò. «Lasciatevi andare e
sarà finita più in fretta».
Mi imposi di rilassarmi. «Non fatemi ricordare», sussurrai.
Spinse più in profondità. La bocca mi si riempì d'amaro e gli occhi
presero a bruciarmi. Si ritrasse e si lavò le mani nel bacile.
La donna più robusta venne verso di me tirandosi su le maniche. Aveva
le dita più grosse ed era più rude dell'altra.
Mi mancò il respiro e chiusi gli occhi. Nonostante i miei sforzi, sentii
quel momento bruciante che preannuncia il pianto. Cercai di non emettere
alcun suono. Questa soddisfazione non gliel'avrei data.
Tenni gli occhi chiusi finché non la sentii lavarsi nell'acqua del catino.
Mi abbassai la gonna, rotolai su un fianco, dalla parte opposta dell'aula, e
sollevai le ginocchia. Oh, se il pavimento si fosse spalancato e mi avesse
inghiottita!
Proprio come avevo desiderato quando, da piccola, avevo aperto la porta
della camera da letto con un mazzo di soffioni per mamma, spargendo i
semi impennacchiati mentre entravo di corsa e avevo trovato papà nudo,
che mi dava la schiena e mamma sul letto, con le ginocchia sollevate, la
gonna alzata, che mostrava quel territorio segreto in mezzo alle gambe. Lo
shock era stato profetico. Avevo pianto per giorni e non avevo voluto
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