Page 14 - La passione di Artemisia
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Mi  guardò  con  aria  truce.  «Ora  ditemi,  e  ditemelo  sinceramente,

          signorina. Dopo la prima volta, avete sempre opposto resistenza?»
               La stanza svanì.  Il mondo perse ogni controllo.  La vite, le mie mani -
          non esisteva altro.  Dolore - così atroce che io... io... che  Dio mi salvi... la

          corda arriverà all'osso? Gesù...
              Madre di Dio... fateli smettere. Dovevo dirlo.
              «Ho tentato, ma alla fine, no. Mi promise che mi avrebbe sposato e io...
          gli credetti». Dio mi salvi. Basta, basta.
              «E  così  gli  permisi...  contro  il  mio  desiderio...  così  che  mantenesse  la

          sua promessa. Che altro avrei potuto fare?»
              Il respiro. Non riuscivo a respirare.
              «Basta. L'udienza è aggiornata a domani». Fece un gesto con la mano, di

          disgusto e trionfo. «Che tutte le parti siano presenti».
              La sibilla venne allentata e rimossa.
               L'ira  sembrò  trapassarmi  con  un  sibilo.  Le  mani  mi  tremavano  e
          insanguinavano  la  gonna.  Agostino  mi  guardava  con  occhi  torvi,  ma  le
          guardie  lo  afferrarono  e  lo  portarono  via.  Volevo  attendere  che  la  folla

          sciamasse,  ma  una  guardia  mi  spinse  fuori  con  tutti  gli  altri  e  dovetti
          camminare tra frizzi e insulti con le mani  sanguinanti.  Al  riverbero  della
          strada sentii che mi era stato gettato qualcosa contro la schiena.  Non mi

          girai per guardare di cosa si trattasse.
              Al mio fianco, papà mi offrì il suo fazzoletto.
              «Preferisco sanguinare».
              «Artemisia, prendi questo».
              «Non  mi  avevi  detto  che  cosa  poteva  fare  la  sibilla».  Lo  sorpassai  e

          camminai più veloce di lui.
               Una  volta  a  casa,  spinsi  con  le  ginocchia  la  cassapanca  dove  tenevo  i
          vestiti contro la porta della stanza, mi gettai sul letto e piansi.

               Come aveva potuto lasciare che accadesse una cosa del genere? Come
          aveva  potuto  essere  tanto  egoista?  Il  mio  amato  papà.  Tutti  quei  bei
          momenti sulla via Appia - le scampagnate con la mamma che ascoltava le
          colombe e papà che raccoglieva la salvia da strofinare sul pavimento.
               Papà che avvolgeva i suoi e i miei piedi in strofinacci imbevuti di acqua

          di salvia e scivolavamo sui pavimenti al ritmo delle sue canzoni d'amore,
          con la voce gorgheggiante sulle note alte, agitando le braccia come cipressi
          nel vento, finché mi faceva ridere. Questo era il mio papà.

              Era.
               E tutti i suoi racconti sui grandi dipinti - seduto sul mio letto, mentre io
          mi  accoccolavo  tra  le  sue  braccia  e  lui  mi  allungava  qualche  buccia
          d'arancia candita.
               Racconti meravigliosi. Di Rebecca alla fonte di Nahor, con la pelle così



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