Page 12 - La passione di Artemisia
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attendente del nostro Santo Padre, il defunto Cosimo Quorli?»
«Lui... ha tentato, Vostra Eccellenza. Lo aveva portato in casa Agostino
Tassi. L'ho respinto. Mi avevano insidiato entrambi. Lanciandomi sguardi
lascivi. Bisbigliando allusioni».
«Per quanto tempo?»
«Per molti mesi. Un anno. Avevo appena diciassette anni quando hanno
cominciato».
«Che tipo di allusioni?»
«Non mi piace dirlo». Il luogotenente scoccò un'occhiata all'assistente,
che si mosse verso di me. «Allusioni alle mie bellezze nascoste. Cosimo
Quorli minacciò di andare in giro a vantarsi di avermi posseduta, se non mi
fossi sottomessa a lui».
«E vi siete sottomessa?»
«No».
«Questo stesso Cosimo Quorli riferì ad altri attendenti del Palazzo
Apostolico di essere, in realtà, vostro padre e che vostra madre, Prudenzia
Montone, l'aveva spesso incoraggiato a farle visita privata, in seguito alla
qual cosa concepì».
Tacque e mi scrutò in viso. «Dovete ammettere che c'è una certa
somiglianza. Vi ha mai, in qualche occasione, rivelato questo fatto?»
«E' un'affermazione ridicola. Adesso devo difendere anche l'onore di
mia madre, oltre al mio, contro questi inganni?»
Gli parve sufficiente aver insinuato quel dubbio. Si schiarì la gola e fece
finta di leggere alcuni documenti.
«E' vero che, in ripetute occasioni, avete intrattenuto volontariamente
rapporti sessuali con Agostino Tassi?»
La stanza divenne soffocante. Trattenni il respiro.
L'assistente diede un giro di vite.
Irrigidii tutti i muscoli. La corda mi morse la carne.
Anelli di fuoco. Il sangue zampillò. Com'era possibile che papà lo
permettesse? Non mi aveva detto che ci sarebbe stato sangue. Inspirai
tenendo i denti serrati. Questo era il processo ad Agostino, non a me. Come
fermarli? Dire la verità.
«Non volontariamente. Agostino Tassi mi ha disonorato.
Mi ha stuprato e ha violato la mia verginità».
«Quando accadde?»
«L'anno scorso. Poco dopo Pasqua».
«Se una donna subisce uno stupro, deve aver fatto qualche gesto
d'invito. Che stavate facendo?»
«Dipingendo! Nella mia camera da letto». Strinsi forte gli occhi per far
uscire le parole. «Stavo dipingendo la nostra fantesca Tuzia e suo figlio,
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