Page 178 - La passione di Artemisia
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21. Palmira







               Era passato quasi un anno. Io e Palmira stavamo salendo a Trinità dei
          Monti, dirette al convento, entrambe senza fiato. «Solo un altro po'. Dai che
          ce la fai», la incoraggiai.
              «Perché non fanno delle scale? Se fossimo a Venezia, ci sarebbero delle
          scale e anche delle statue».

              «Ragione di più perché le suore siano felici di conoscerti.
              Sapranno che ti sei fatta tutta la salita per vederle».
              «Che devo dire?»

              «Tutto quello che vuoi. Sanno tutto di te. Sanno anche che le abbiamo
          fatte andare in barca sotto forma di bambole di carta».
              «Mamma!»
              «Non ti preoccupare. Hanno detto che era una cosa carina».
               Arrivate in cima, alzai lo sguardo verso il campanile sulla sinistra. Ora

          c'era un grande orologio. Mi chiesi quali altri cambiamenti avrei scoperto.
              «Ci aprirà suor Paola. Fa parte dei suoi doveri».
              Quando Paola ci vide, emise un gridolino che arrivò al cielo.

              «Mia cara!» Mi attirò dentro e mi abbracciò. «Grazie a Dio sei venuta!»
              «Questa è Palmira, mia figlia».
              «Benedetta!»
               Paola allargò le braccia per accogliere Palmira e se la strinse contro la
          tonaca. «Suor Graziella andrà in estasi».

              «Come santa Teresa?» dissi.
              «Oh, è stata così abbattuta. Quest'ultimo anno è stato così duro per lei.
          Perché non ci hai scritto che venivate?»

               Paola si allontanò velocemente di alcuni passi, poi si fermò a guardarci.
          «Oh!» esclamò di nuovo, agitando le mani, incapace di trattenersi. Palmira
          rise.  Paola  ci  condusse  nella  stanza  in  cui  Graziella  stava  dipingendo.
          «Graziella, guarda!» gridò Paola.
              «Santa Maria! Non posso crederci!» mormorò Graziella.

               Si  alzò,  rovesciando  lo  sgabello  e  venne  verso  di  noi  a  braccia  aperte.
          «L'altra  notte  ti  ho  sognato».  Il  suo  volto  esprimeva  sorpresa,  felicità,
          sollievo,  gratitudine,  tutto  in  un'armonica  espressione.  «Tu  devi  essere

          Palmira. Sei il ritratto di tua madre com'era la prima volta che è venuta da
          noi».
               Palmira accennò un grazioso inchino. «La mamma mi ha detto tutto di
          te. Il tuo nome è stato la prima parola che ho scritto».
              «Ohh! Mi sento onorata».



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