Page 169 - La passione di Artemisia
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modella e negli ultimi tre giorni mi ero limitata a fissare la tela. Renata mi
aveva guardato preoccupata, con i suoi occhi scuri, incerta se fosse il caso di
lasciare la stanza o di rimanere.
Il mio problema era il pugnale. Se chiudevo gli occhi, me lo vedevo
comparire dietro le palpebre, una volta con la punta rivolta verso destra,
una volta verso sinistra, una volta conficcato nel petto, un'altra
abbandonato, lordo di sangue, nella mano aperta.
Renata irruppe nella camera dicendo: «Presto, Palmira.
Hai dimenticato la scampagnata?»
«Che scampagnata?» domandò Palmira. Renata l'aiutò a vestirsi e
Palmira corse fuori con le scarpe in mano.
Renata spalancò gli scuri per lasciar entrare la luce, tornò verso il letto e
mi guardò senza sorridere. «Perché non smettete di lavorare al braccio e
alla mano e non lavorate al viso? Oggi».
Fissai il soffitto.
«Alzatevi. Devo lavare le lenzuola». Me le strappò da sotto e mi indicò
con decisione lo studio.
Rimasi talmente sorpresa che feci come mi aveva detto.
Ancora in camicia da notte, mi lasciai cadere sullo sgabello di fronte al
cavalletto, senza nemmeno guardare il dipinto.
«Da quale direzione proviene la luce?» mi domandò, arrotolando le
lenzuola. Era chiaro che non le importava di saperlo. Era una domanda
ovvia, di cui entrambe conoscevamo già la risposta.
«Dalla parte dello spettatore».
«Ditemi che cosa significa».
«Che dall'altro lato deve essere buio. Ho solo un profilo, metà del suo
viso, un occhio, in luce, per trasmettere il senso di ciò che voglio
comunicare».
«Allora iniziate», mi ordinò con la voce che le avevo sentito nella
taverna.
Renata non si mosse, a sopracciglia aggrottate, finché non iniziai a
lavorare. Per tutto il giorno mi sorvegliò, in silenzio, con discrezione. Poi se
ne andò.
Il volto della Lucrezia cominciò ad assumere un'espressione.
Di angoscia, non di paura. Aggrottai lo spazio tra le sopracciglia, come
faceva Renata. Non cessavo di aggiungere ombra all'occhio e alla pelle
dell'occhiaia. Più ci lavoravo e più la sua angoscia cresceva. La volevo
angosciata, turbata e fonte di turbamento.
Ora, con quell'occhio angosciato, indagatore, l'atteggiamento della mano
e del polso piegato, puntato verso il seno, mi parve incoerente. Quando
intinsi un pennello pulito nel colore dei toni della carne, non riuscii a
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