Page 164 - La passione di Artemisia
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violentata da Tarquinio. «Secondo la storia, pensò che, se fosse rimasta in

          vita, questo avrebbe costituito un precedente per concedere il perdono agli
          adulteri, donne o uomini che fossero».
              «Io penso che il personaggio abbia qualcosa a che vedere con le figlie

          del signor Gentile. Vuole spaventarle, per spingerle alla castità».
               Gettai il carboncino sul tavolo. «Odio tutti quei quadri in cui Lucrezia,
          dopo  essersi  suicidata,  se  ne  sta  lì  distesa,  bella,  serena  e  virtuosa,  con
          buona pace del pittore, non certo sua. Chi si suicida non è così».
               Renata si sporse in avanti e mi fissò aggrottando le sopracciglia. Aprì la

          bocca per dire qualcosa, ma poi tacque.
              «Nella versione dipinta da Filippino Lippi, che si trova a Palazzo Pitti a
          Firenze, Lucrezia si suicida pubblicamente.

               Io ritengo che sia una suprema follia. Se era una vittima innocente, non
          doveva sentirsi disonorata e dunque il suo suicidio è un gesto avventato, un
          gesto  d'orgoglio,  non  nobilitante.  Una  soluzione  che  può  avere  un  suo
          fascino momentaneo, ma...»
              «Ma che?»

              «Nessuno  che  ami  la  vita  sceglierebbe  volontariamente  quella  via  di
          fuga».
               Renata  aveva  ancora  un'espressione  preoccupata.  «Allora  non  ha

          senso».
              Alzai un dito, come a voler riflettere. «A meno che, naturalmente, non si
          pensi che le vittime siano esse pure colpevoli, o che addirittura siano state
          causa di quell'atto.
               Il gesto di Lucrezia ha un senso solo per chi si rifiuta di riconoscere che

          alle donne non piace essere stuprate. Io ritengo che sia una martire falsa e
          inutile».
              «La dipingerete in modo da rappresentare il punto di vista di Lucrezia o

          il vostro?»
              «E'  una  domanda  importante.  Il  mio,  credo.  Il  signor  Gentile  mi  ha
          detto  di  fare  la  mia  Lucrezia».  Ora  che  lo  avevo  espresso  in  parole,  quel
          compito mi pareva persino più enorme.
               Il  modo  in  cui  Gentile  mi  aveva  guardato,  con  quel  sopracciglio

          esageratamente sollevato, mi diceva che sapeva esattamente quel che stava
          facendo,  accordandomi  prima  la  libertà  di  scegliere  personalmente  vari
          soggetti e poi lanciandomi quella sfida. E ora questo stravagante omaggio

          floreale,  per  addolcire  ciò  che  sapeva  avrei  dovuto  affrontare.  Il  tutto
          gestito con delicatezza e modi rispettosi e paterni.
              Renata sistemò sul pavimento i miei schizzi, disponendoli in fila. Uno lo
          avevo strappato per un senso di frustrazione.
              Lo sollevò in aria. «Questo non lo volevate più?»



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