Page 163 - La passione di Artemisia
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per evitare l'onta dello stupro».

               Sollevò  un  sopracciglio  abilmente  depilato.  «Motivo  per  cui  dovete
          farlo».
               Allora sapeva del mio processo. Roma mi aveva dunque inseguito fino a

          Genova?
               Corrugò la fronte in un'espressione divertita, sollevò il pugno e lo agitò
          in aria. «Affrontate il nemico e schiacciatelo fino ad annientarlo. Fate una
          Lucrezia che sia solo vostra».
               Nessuno,  tranne  lui,  sapeva  trasformare  un'espressione  corrucciata  in

          un  sorriso  contagioso  con  tanta  fluidità  e  immediatezza.  Quanto  alla  sua
          richiesta, non avevo modo di eluderla.
               Mi  sentii  infelice  per  ore.  A  pranzo  rimasi  talmente  silenziosa  che

          Cesare e Bianca dovettero notarlo di sicuro.
              Rigiravo il cibo nel piatto e ne mangiai solo qualche boccone.
               Palmira continuò a supplicarmi per tutto il tempo di portarla a fare una
          gita in campagna.
              «No, Palmira. Non oggi. Quante volte devo ripetertelo?»

              Puntò i gomiti sulla tovaglia di damasco e appoggiò le guance sulle mani
          chiuse a pugno. «Sei un'egoista», disse.
              «Il nonno mi porterebbe».

              Mi sentii imbarazzata dal suo cattivo comportamento.
              Dopo pranzo scappò giù in cortile e quando la chiamai non volle venire.
               Nel  tardo  pomeriggio  lo  studio  era  invaso  da  fogli  coperti  di  schizzi
          incerti  di  donne  nell'atto  di  pugnalarsi  e  donne  stramazzate  a  terra,
          sanguinanti. Entrò Renata con un enorme mazzo di gladioli rosso scuro.

              «Ve li manda il signor  Gentile», disse, e li sistemò sul tavolo sotto la
          finestra.
              «Sono solo per me? Dovrebbero stare nel salone».

              «No,  il  signor  Gentile  mi  ha  raccomandato  di  metterli  nel  vostro
          studio».
              «Sono meravigliosi. Vedi come il gioco della luce fa sfumare il colore dal
          ruggine al porpora quasi nero?»
              «I petali, all'interno, sembrano fatti di cera. Come potete dipingerli per

          farli apparire così?» disse indicandoli.
               Stavo  per  spiegarle  della  vernice  d'ambra  veneziana,  quando  si  girò  e
          vide i miei schizzi. «Non un'altra donna che si suicida!»

              «Non l'ho scelta io, ma il signor Cesare. Ecco perché ero irritata. E' la
          prima volta che mi capita di non aver voglia di dipingere qualche cosa».
              «Perché?»  Mi  guardò  con  irresistibile  ingenuità  e  si  sedette  ad
          ascoltare.
               Le  raccontai  la  storia  di  Lucrezia  e  la  sua  vergogna  dopo  essere  stata



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