Page 162 - La passione di Artemisia
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Era un argomento neutro.

              «Ho  iniziato  con  una  Cleopatra,  perché  Gentile  desiderava  un  nudo
          femminile.  Poi  mi  ha  permesso  di  scegliere  personalmente  il  soggetto  di
          molti quadri».

               Assaggiai  un  sorso  di  quella  bevanda  densa  e  scura,  ma  mi  riuscì
          difficile inghiottirla. Spinsi la tazza verso mio padre. «Bevilo tu».
              Sorrise. «Ci vuole un po' per abituarcisi. Ecco, mangia un biscotto».
              Lo mangiai. «Piuttosto insipido».
              «Mi piacciono», disse Palmira dondolando le gambe e sbattendo i tacchi

          contro il barile.
              «Non fare così, cara, ti rovinerai le scarpe».
              «Dunque, che altro hai dipinto?» volle sapere papà.

              «Un  ritratto  in  piedi  di  Cesare  come  condottiero.  Il  mio  era  un
          suggerimento, ma lui ha accolto l'idea con entusiasmo.
               Mi sono ispirata a Tiziano e ho usato uno sfondo scuro. Non è il tipo di
          soggetto che mi affiora dal profondo, ma sono stata felice di dipingerlo per
          lui, dal momento che l'ha reso tanto felice. Probabilmente in seguito farò

          un ritratto di sua moglie, Bianca. Qui a Genova sono stata più prolifica di
          quanto  mi  sia  mai  accaduto.  Immagino  di  doverlo  a  una  casa  che  mi  è
          congeniale».

              Posò la sua tazza sul barile e mi guardò sospettoso.
              «Intendo dire che, con qualcuno che pensa a provvedere i pasti e con
          Palmira che trascorre le giornate con le figlie dei Gentile, ho più tempo per
          dipingere».
               Non riuscivo a capire del tutto perché dovessi sentirmi sulla difensiva,

          ma  sapevo  che  se  mi  fossi  lasciata  andare  un  po'  di  più  sarei  stata  in
          pericolo. Persino con mio padre, dovetti ricordare, dovevo essere prudente.
              «Mi  state  facendo  invidiare»,  mi  disse  una  mattina  Cesare,  mentre

          stavo pulendo i pennelli.
              «In che modo?»
              «Moltissimi  gentiluomini  genovesi  morirebbero  pur  di  possedere  un
          dipinto di mano di Artemisia Gentileschi - una donna che capisce le donne.
          Dovrò  trattarvi  con  grandi  riguardi».  Mi  fece  l'occhiolino.  «Altrimenti

          andrete altrove».
              «Non mi viene nemmeno in mente di andare da qualunque altra parte.
          Siamo felici qui, lo sapete».

              «E allora è tempo di parlare di un nuovo dipinto. Tra poco le mie figlie
          diventeranno maggiorenni. Questa volta vorrei una Lucrezia».
              «L'unico personaggio che non amo affatto dipingere».
              Sbuffò vistosamente. «Ma perché mai?»
              «Non ho alcun desiderio di rappresentare una donna che si è suicidata



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