Page 158 - La passione di Artemisia
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tela della mia Suonatrice di liuto sull'intelaiatura di legno.

              «No, no. Non dovete», disse Cesare. «Vi farete male alle mani - quelle
          meravigliose mani che devono solo dipingere».
              Stava facendo della crudele ironia o era sincero? Sapeva quello che stava

          dicendo? Non mi pareva. Non era nella sua natura ferire le persone.
              «Domani  vi  manderò  un  falegname  per  tirare  tutte  le  tele  e  per
          incorniciarle. Dovete appenderle nel vostro studio, dal momento che questa
          è la vostra residenza permanente.
               Non  è  così,  Bianca?  Adesso  scegliete  voi  un  soggetto  per  la  prossima

          opera», disse Cesare, dandomi un colpetto sulla spalla con le dita grassocce.
          «Abbiamo molte altre pareti da riempire».
              «Un soggetto a mio piacere?»

              «Quello che desiderate». Mi guardò negli occhi con aria d'attesa, come
          se si aspettasse che decidessi seduta stante.
              Incrociò le mani sulla pancia e aspettò.
              «Mmm... Che ne dite... di un ritratto in piedi di...»
               Lo  feci  attendere,  fingendo  di  concentrarmi.  «Un  vostro  ritratto!  In

          veste di condottiero».
              «Io?» Un ampio sorriso gli illuminò il volto. «Io, sì. Io!»
              Bianca rise.

              «Avete un'armatura?»
              «La possedeva mio padre».
              «Bene. Fatela lucidare».
               Lo  feci  mettere  in  posa  con  una  spada  al  fianco,  un  elmo  piumato
          posato su un tavolo e uno stendardo militare appeso alla parete dietro di

          lui.  Indossava  la  gorgiera  più  inamidata,  più  grande  e  stravagante  che
          avessi mai visto, ripetuta in versione ridotta ai polsi.  Gli drappeggiai una
          sciarpa  di  merletto  su  una  spalla.  Un  giorno  arrivò  in  studio,  tutto

          sferragliante,  con  quattro  amici  a  rimorchio  per  farsi  vedere  in  posa.
          Assunse la solita posizione tronfia e arrossì per la vanità di fronte ai suoi
          amici, cosa che fece ridere Bianca. Si accigliò, quasi offeso. «Qui si lavora
          sodo, dunque per piacere state zitti».
              «Amore  mio,  è  proprio  una  bellissima  posa  e  sarà  un  bel  ritratto»,  lo

          rabbonì Bianca. «Mi piace quasi quanto te!»
               Dopo  oltre  un  anno  che  vivevamo  a  Palazzo  Gentile,  accompagnai
          Palmira  e  le  due  figlie  del  mio  mecenate  alla  festa  di  compleanno  della

          figlia  di  un  ricco  armatore.  Nel  loggiato  della  sua  villa  vidi  un  gruppo  di
          uomini e sotto un albero carico di fiori gialli erano sedute quattro signore
          impegnate in un gioco di carte. Non conoscendo nessuno, mi sedetti su una
          panchina tra i due gruppi e mi misi a osservare i bimbi che giocavano. La
          mia  attenzione  fu  richiamata  da  uno  scoppio  di  risate  proveniente  dal



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