Page 165 - La passione di Artemisia
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«No. E' il peggiore di tutti».

               Lo esaminò, aggrottando lievemente la fronte, nel tentativo di capire ciò
          che intendevo. «Se siete sicura di non volerlo, posso tenerlo io?»
              «Perché?»

              «Così posso esercitarmi a disegnare la notte, nella mia stanza. In modo
          da  poter  ripassare  sulle  vostre  linee  e  sulle  ombreggiature  e  vedere  che
          effetto fa».
               Quell'idea mi commosse. Aveva uno spirito puro e una mente pronta e
          ricettiva,  inoltre  era  desiderosa  di  imparare:  tutte  cose  che  avrei  voluto

          vedere in Palmira.
              Renata attendeva la mia risposta.
               D'un tratto ebbi paura di poter dare una volta sola ciò che sapevo - di

          poterlo  esprimere  con  freschezza  solo  nel  momento  della  scoperta,  man
          mano  che  imparavo  con  ogni  nuova  opera,  una  sola  volta.  Avrei  dovuto
          preservare questa parte più segreta della mia creatività per Palmira, che per
          il fatto accidentale di essere nata da me ne aveva maggior diritto ed era in
          una posizione migliore per usarla, ma...

               Gettai  un'occhiata  a  Renata,  che  stava  ancora  esaminando  il  disegno
          strappato, lei pure apparentemente impaurita.
              Da che cosa? Che quella potesse essere l'ultima volta che lo vedeva?

              «Prendilo, cara. E, quando avrò terminato, potrai averli tutti».
              Dalla sua bocca graziosa uscì un piccolo grido soffocato.
               Mi girai all'udire un fruscio di gonne.  Sulla porta aperta stava  Bianca.
          Mi  sentii  colta  sul  fatto  in  un  gesto  eccessivamente  familiare  con  una
          domestica  e  responsabile  per  aver  impedito  a  Renata  di  svolgere  il  suo

          lavoro.
              «Mi dispiace interrompervi». La sua voce era stranamente solenne.
              «Vi prego, entrate».

               In  fretta  Renata  depose  il  disegno  strappato  su  una  sedia,  fece  un
          inchino e se ne andò.
              «Il  segretario  di  Cesare  ha  appena  fatto  ritorno  da  Firenze  e  ho
          immaginato che voleste sapere. Il granduca Cosimo è morto».
              «Morto?» Rimasi allibita. «Era così giovane».

              «Penso che avesse solo trent'anni».
              «Non  ha  avuto  il  tempo  di  portare  a  termine  il  suo  progetto,
          l'ingrandimento di Palazzo Pitti».

              «Sarà il figlio maggiore, Ferdinando, a ereditare il granducato, anche se
          non sarà maggiorenne che fra otto o nove anni. E Giovanni, che ora "regna"
          su Venezia, è anche più giovane».
              «Povera arciduchessa. L'aspetteranno anni di veglie».
              «Sarà  doppiamente  duro  per  lei,  così  presto  dopo  la  morte  del  suo



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