Page 147 - La passione di Artemisia
P. 147

18. Cleopatra







              «Mamma,  prendi  il  filo»,  disse  Palmira  porgendomi  il  gioco  degli
          spaghi.
              «Preferisco guardare fuori dal finestrino adesso».
              «Per piacere, mamma».
              «E va bene. Una volta sola». Presi con le dita le cordicelle nel punto in

          cui  si  incrociavano,  le  sollevai  ai  lati  e  tirai  le  asole,  formando  un'altra
          figura, con le cordicelle che mi stringevano la base delle dita. Rabbrividii.
          Mi ricordava la sibilla. Tendendo le sue piccole dita perfette, Palmira eseguì

          con grazia la mossa successiva. Dove aveva imparato un gioco così orribile?
              «Prendilo, mamma», disse, alzandosi in piedi tra me e gli uomini che
          erano  in  carrozza.  Si  annoiava.  Il  viaggio  per  lei  era  lungo  e  tedioso  e  i
          movimenti della carrozza, che ondeggiava in modo imprevedibile, le davano
          la  nausea  e  dunque  era  contrariata.  Le  offrii  del  pane  per  tamponare  lo

          stomaco,  ma  non  lo  volle.  La  campagna  toscana  non  aveva  alcun  fascino
          per  lei,  ma  per  quanto  riguardava  me  il  paesaggio  in  movimento,
          incorniciato dal finestrino della carrozza, mi faceva rimpiangere di doverlo

          lasciare.
               Quella  mattina,  traversando  Firenze,  avevo  allungato  il  collo  per
          cogliere  un'ultima  immagine  del  campanile  di  Giotto.  L'idea  di  Firenze
          come  una  città  capace  di  offrire  delle  possibilità.  Quel  pensiero  mi  fece
          male. Passando per l'ultima volta lungo la via de' Tintori, avevo cercato di

          imprimermi nella memoria i colori lucenti delle sete appese alle finestre.
          Non vidi Umiliana accanto al suo tino. Ne fui felice. Forse la città avrebbe
          potuto riservare almeno a lei una possibilità. Ora, passando di fronte alle

          ville colorate di ocra e di albicocca, adorne di oleandri, ai vigneti dorati e ai
          gelsi,  ai  frutteti  con  i  loro  alberi  di  prugne,  di  pere  e  di  cachi,  avevo  la
          sensazione di venire scacciata dall'Eden.
              «Prendilo». La voce di Palmira era piena di eccitazione.
              «No».

              Liberò le dita dalla cordicella e la lanciò contro di me.
              Si impigliò a un bottone del mio corpetto, la presi e l'avvolsi.
              «Perché hai quei segnetti sulle dita, mamma? Io non li ho. E perché sei

          vecchia?»
               Gettai uno sguardo agli uomini che ora mi stavano guardando le mani.
          «Sì, immagino sia questo il motivo.
               Adesso  sono  vecchia».  Forse  era  così  che  mi  aveva  ridotto  la  perdita
          dell'amore, mi aveva fatta invecchiare da un giorno all'altro.



                                                           147
   142   143   144   145   146   147   148   149   150   151   152