Page 138 - La passione di Artemisia
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quel  livello,  degli  archi  aperti  ci  permisero  di  guardare  fuori.  La  torre  di

          Palazzo  Vecchio  era  ancor  più  magnifica,  perché  la  struttura  coronata  da
          merlature appariva molto più alta a vederla da quel punto che non da terra.
          Le case, le strade e la gente parevano irreali, come scatole e bambocci.

              «Magari Dio ci vede così», dissi.
              Pietro sorrise a quest'idea.
               Oltre  il  primo  piano  i  gradini  si  inerpicavano  formando  curve  molto
          strette, per non ostruire la luce degli archi.
               Pietro  mi  sollevò  il  mantello,  perché  non  strusciasse  sui  gradini  di

          trecento anni fa. Lungo la salita dovetti riposarmi.
               Mi  fece  appoggiare  a  lui.  Sentivo  il  suo  petto  sollevarsi  contro  la  mia
          guancia.

               Al secondo livello fummo investiti dal vento che penetrava dagli archi.
          Disturbammo una famiglia di piccioni che trovava riparo in una fessura e
          volò  via  sotto  di  noi.  «E'  strano  guardare  dall'alto  gli  uccelli  che  volano,
          vero?» osservai.
               Eravamo giunti quasi al livello del tamburo su cui si innesta la grande

          cupola di mattoni della cattedrale.
              «Immagina  l'eccitazione  della  gente  che  ha  visto  la  cupola  crescere»,
          disse  Pietro.  «Pensa  a  un  bambino:  quando  è  nato  la  cupola  non  c'era,

          quando  è  diventato  grande  abbastanza  per  accorgersene  la  cupola  ha
          iniziato  a  crescere  e  quando  ha  avuto  a  sua  volta  un  figlio  i  costoloni  si
          sono  uniti  e  la  cupola  è  stata  chiusa.  Che  tempi  straordinari  da  vivere».
          Mentre  guardavamo,  mi  posò  una  mano  sulla  spalla.  Non  mi  mossi,  per
          sentire quella mano ancora un po' finché non ricominciammo a salire.

              «Lo  sai  che  questo  campanile  è  stato  terminato  cent'anni  prima  della
          cupola?» disse Pietro. «Quante volte pensi che Brunelleschi sia salito qui
          sopra per vedere come procedeva la sua costruzione?»

              «Non ogni giorno!»
              «No, ma suppongo almeno una volta al mese. Io l'avrei fatto».
               Non  ci  fermammo  all'apertura  del  terzo  livello,  tanta  era  la  voglia  di
          arrivare in cima. Avevamo il respiro corto.
               A  un  certo  punto  non  sollevai  abbastanza  il  piede  e  inciampai  in  un

          gradino,  cadendo  in  avanti.  Pietro  mi  afferrò  da  dietro  e  mi  prese  con  le
          mani proprio sotto il seno, stringendomi a sé, finché non ripresi a respirare
          normalmente.

               Dopo  un  paio  di  svolte,  Pietro  aprì  una  porticina  e  uscimmo.  Fummo
          investiti  dalla  pioggia,  che  mi  punse  le  guance  come  aghi.  I  mantelli
          sventolavano  e  si  gonfiavano  e  minacciavano  di  volare  via  se  non  li
          avessimo tenuti stretti.
               Fui spaventata e, allo stesso tempo, eccitata di  trovarmi  tanto  in  alto,



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