Page 137 - La passione di Artemisia
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«Anche Palmira?»

              «No, lasciamola con Fina. Dille che siamo impegnati col lavoro».
               Un  mezzo  sorriso,  triste  e  dolce,  gli  sollevò  un  angolo  della  bocca.
          «Come le nostre escursioni quando all'inizio... sei arrivata».

              «Sì, proprio così».
              «Sei  ancora  decisa  ad  andare?»  mi  domandò  la  mattina,  aprendo  le
          imposte.
               Mi alzai per guardare fuori. La pioggia batteva leggera sulla superficie
          del fiume. «SI».

               Non  dicemmo  a  Fina  dove  saremmo  andati  e  lei  mi  guardò  senza
          comprendere.  Quello  sguardo  mi  rallegrò  l'animo,  come  se  noi  due
          stessimo facendo qualcosa di clandestino.

               Indossai il mantello col cappuccio e ci incamminammo rapidamente a
          testa  china.  In  piazza  Duomo  aspettammo  sotto  la  Loggia  della
          Misericordia  che  le  campane  battessero  il  mezzogiorno.  Ora  la  pioggia
          picchiava  più  forte  sulle  pietre  del  selciato.  Il  rivestimento  di  marmo  del
          campanile bagnato splendeva come gemme lucidate.

              «Sarebbe stato bello che Giotto avesse vissuto abbastanza a lungo per
          vederlo  terminato»,  esclamai,  «per  salire  fino  in  cima  almeno  una  volta
          prima di morire».

              «Che strano che si possa vivere tutta la vita in un posto senza pensare
          mai di farlo», disse Pietro. Mi assecondava con tutto il suo buonumore. Era
          bello da parte sua e io sbagliavo a trasferire su di lui l'odio che provavo per
          Vanna.
               Quando il campanaro aprì la porta del campanile, ci precipitammo per

          impedire che se ne andasse.
              «Siamo artisti», disse Pietro, «e vorremmo vedere il Duomo dalla cima
          del campanile».

              «Per un disegno per l'Accademia del Disegno».
              Mi guardò sospettoso. «Tutti e due? Artisti?»
              «Se ci permettete di entrare solo un momento...» dissi.
               Si fece indietro per lasciarci riparare dalla pioggia. Mi aprii il mantello e
          gli mostrai i documenti che provavano la mia appartenenza all'Accademia.

          Pietro gli ficcò in mano due monete.
              «Avete  scelto  una  giornata  orribile  per  fare  una  cosa  pazza  come
          questa».

              «A voi che importa?» osservò Pietro con una certa asprezza.
              Il campanaro fece spallucce. «Accomodatevi». Ci indicò la scala.
               Salimmo  i  ripidi  gradini  di  pietra,  ricavati  tra  due  pareti  che  ci
          chiudevano da entrambi i lati e lasciavano fuori il mondo. La scala seguiva
          il perimetro del campanile in un ampio quadrato fino al primo piano e, a



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