Page 134 - La passione di Artemisia
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«Che c'è? Che è successo?»
«Oh, Fina, lo sai, vero, che il mio è stato un matrimonio di
convenienza?»
Si asciugò le mani con uno strofinaccio. «Lo sospettavo».
«E che ha un'amante?»
«Sì», disse calma dopo un momento.
«Più di una?»
«Sei sicura di volerlo sapere?»
«Sì».
«Ha avuto una serie di donne. Non ne ho tenuto il conto.
E' una benedizione che la sua povera madre sia morta prima di vedere
tutto questo».
«Credi che abbia un'altra residenza?»
Fina chiuse gli occhi e alzò le spalle. «E' possibile. Tutto è possibile».
«E allora perché mai mi ha sposata? Lo sai?»
Trasse un lungo respiro che le sollevò il petto. «Perché aveva dei debiti.
Per la dote».
«Sì. Ma per che altro? Perché non una di Firenze?»
«Per la sua reputazione. Se si fosse sposato a Firenze, sarebbero
spuntate delle donne reclamando che era il padre dei loro figli e avrebbero
sollevato delle obiezioni. L'unico modo per trovare moglie era di sposare
una donna di fuori».
«Una stupida! Fina, sono stata una vera stupida». Mi lasciai cadere
sulla triste poltrona di velluto e ricacciai in gola le lacrime. Fina accostò
uno sgabello e mi attirò la testa sul seno morbido. «Credi che sarebbe stato
mio se avessi rinunciato alla pittura? Non ha mai detto o fatto nulla che
suggerisse che voleva da me più di quanto già ero per lui. Mi ha permesso
solo quel tanto».
Mi accarezzò la nuca. «A tutte può permettere solo quel tanto. Ecco
perché le abbandona e quando si sente a disagio se ne trova un'altra. Non è
colpa tua».
Risi con amarezza. «Magari la sua amante se ne accorgerà».
Eravamo ancora vicine e mi sentivo confortata dal tenero battito del suo
cuore contro la mia guancia. Quando si mosse per accendere una lampada a
olio, la ringraziai e tornai a casa. Palmira dormiva profondamente.
Graziella mi aveva detto che, quando mi fossi sentita abbandonata da
Dio, avrei dovuto amarlo ancora di più.
Dovevo affermare la Sua bontà. L'avrei fatto dopo. Domani avrei
affermato la Sua bontà. Dammi una notte di amarezza, una notte in cui
poter indulgere nell'autocommiserazione, una notte in cui sputare fuori
tutto.
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