Page 131 - La passione di Artemisia
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frugalità. Il futuro era incerto.

               Era  una  settimana  che  pioveva  ogni  giorno,  e  avevo  passato  il  tempo
          insegnando a Palmira a leggere e a scrivere altre cose, oltre ai nomi delle
          due suore. Le scrivevo dei bigliettini buffi - Guardati allo specchio. Hai un

          pulcino tra i capelli - e li nascondevo in casa dicendole di trovarli. Poi lei
          scrisse:  Hai un cavallo sotto le gonne, e mi fece interrompere quello che
          stavo facendo per cercare il suo bigliettino.
               Per un po' si divertì, ma poi divenne noiosa e lamentosa, chiusa tutto il
          giorno in casa.

               Nulla era più lontano dai miei desideri che uscire sotto la pioggia, ma
          l'avvolsi bene e le feci prendere la sua bambola di pezza e la palla. Correndo
          lungo  le  strade  battute  dalla  pioggia,  arrivammo  alla  Loggia  dei  Lanzi,  in

          piazza  della  Signoria,  dove  saremmo  state  al  riparo  e  Palmira  avrebbe
          potuto correre attorno alle statue lanciando la palla, mentre io avrei potuto
          disegnare le sculture.
              Arrivammo, fradice ma divertite.
               Avevo  già  copiato  i  tre  corpi  intrecciati  del  Ratto  della,  Sabina  del

          Giambologna  guardando  la  scultura  dalla  prospettiva  della  piazza.  Ora  le
          girai attorno - era la prima scultura progettata per essere osservata da ogni
          lato  -  e  cercai  di  capire  quali  nuove  cose  potevo  scoprire  da  un'altra

          angolazione.
               Il  rapitore  era  decisamente  in  movimento,  pronto  a  travolgere  ogni
          ostacolo,  persino  un  vecchio  caduto  a  terra,  a  cui  l'aveva  probabilmente
          strappata. Col suo braccio muscoloso la tratteneva per una spalla, mentre
          con  l'altro  la  stringeva  ai  fianchi  e  sulla  coscia.  Non  avevo  notato  prima

          come  le  dita  dell'uomo  affondassero  profondamente  nella  carne  della
          coscia. Quell'uomo possente doveva usare tutta la sua forza per contrastare
          gli sforzi disperati della fanciulla.

               Che la prendesse contro la sua volontà non traspariva solo dalla bocca
          spalancata, dagli occhi terrorizzati e dai suoi disperati gesti d'aiuto, ma da
          quella presa violenta.
              Avrei concentrato il mio disegno su quella presa d'acciaio.
              L'avrei chiamato la mia Pietà.

              «Che stanno facendo, mamma?»
              «Gli uomini la stanno catturando. Vogliono che faccia qualcosa che lei
          non vuole fare».

              «Ha l'aria impaurita».
              «Lo è».
               Mi  sedetti  per  terra,  sulla  fredda  pietra  e  cominciai  a  lavorare,
          riflettendo  sul  fatto  che  la  scultura  che  avevo  scelto  rappresentava  uno
          stupro.  Quando  era  accaduto  che  il  mio  aveva  cessato  di  tormentarmi  al



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