Page 127 - La passione di Artemisia
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15. Pietro







              Faceva freddo. Era febbraio. Ormai s'era all'imbrunire.
               Avevo finito la terra d'ombra e il giallo di Napoli. Rovesciai sul tavolo il
          contenuto della borsa azzurra di papà, che avevo  riempito  con  le  monete
          ricevute  da  Cosimo  per  le  tre  commissioni  ricevute  dopo  la  Maddalena
          penitente:  aveva  pagato  generosamente  perché  avevo  soddisfatto

          l'arciduchessa.
              Ma ora la borsa era quasi vuota.
               Attratta dal rumore, Palmira si allontanò dal caminetto e mi aiutò a fare

          dei mucchietti con le monete, a seconda del loro valore, per contarle. Sei
          zecchini  veneziani,  cinque  piastre,  un  giulio,  uno  scudo,  che  valeva  sette
          lire, e quattro lire.
              Quattro lire potevano nutrire una persona per una settimana.
               Palmira  premette  l'indice  sul  lucente  giulio  d'argento  e  lo  tirò  fino  al

          bordo del tavolo. «Posso prenderlo, mamma?»
              «No. Mi serve».
              Il pugnetto vi si chiuse attorno e sparì sotto il tavolo.

              «Dammelo», le ordinai.
              Nascose la mano dietro la schiena e scosse la testa.
              «Palmira, restituiscilo!»
              Scappò via e io la inseguii fuori dalla porta sul balcone.
              «Cattiva. Dammelo». L'afferrai per le spalle e la sculacciai.

               Si  mise  a  urlare,  si  divincolò  dalla  mia  presa  e  gettò  la  moneta  dal
          balcone.
              «Sei avara», disse con uno sguardo d'odio e corse dentro, inciampò nel

          mio cavalletto e lo fece cadere. La mia Santa Caterina, non ancora finita, si
          rovesciò  a  terra.  Palmira  vi  rimase  sopra,  un  po'  per  sfida  e  un  po'  con
          timore.
              «Hai fatto una cosa orribile! Dovresti vergognarti. Vai a letto».
              «Non devo andarci. Adesso ho otto anni».

              «No,  non  ancora!  Hai  sette  anni  e  mezzo!  Non  ti  voglio  nemmeno
          vedere. Vai a letto!»
              Sollevò il piede, come se volesse calpestare il dipinto.

              «No!» urlai e allungai le mani verso di lei. Corse in camera e si gettò sul
          letto. Chiusi la porta sbattendola e mi appoggiai alla parete.
               Era così che sarebbe finita? A questo sarei arrivata? A una stupida lite
          con  una  bambina?  Sistemai  Santa  Caterina  sul  cavalletto  -  la  santa  che
          dipingeva e comprava dipinti dalle donne per il suo convento di Bologna. Se



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