Page 126 - La passione di Artemisia
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dalle narici.

              Aveva gli occhi umidi. «Grazie».
               Che  una  cosa  tanto  semplice  potesse  significare  così  tanto!  Ne  aveva
          fatto tesoro. La strinsi tra le braccia e, oltre la sua spalla, scorsi Palmira che

          ci osservava senza comprendere.
              «Chi è quel pittore che avete nominato?» chiese Umiliana.
              «Botticelli. Il suo quadro si trova agli Uffizi. Non credo che tu ci sia mai
          stata».
              «No».

              «Sono un membro dell'Accademia e scriverò un biglietto, dicendo che
          sei  la  mia  modella  e  che  ti  facciano  entrare  e  che  tu  possa  guardare
          tranquillamente ogni cosa. E' un peccato vivere in questa città da tutta la

          vita senza aver visto i quadri e le sculture che ci sono».
              «Vedo  statue  ovunque.  Non  mi  piacciono.  Fanno  tutti  qualcosa  di
          brutto.  L'uomo  nella  Loggia  dei  Lanzi  che  tiene  in  mano  la  testa  di  una
          donna con delle serpi in testa e tutta quella roba che le esce dal collo. Uhh!
          Ogni volta che ci passo accanto guardo da un'altra parte. Perché sono tutti

          così crudeli?»
              «E'  vero,  mamma.  Perché?»  chiese  Palmira.  Mi  sorprese  scoprire  che
          l'avesse notato. Non mi ero accorta che stesse ascoltando.

              «A questo non posso rispondere. Immagino che sia ciò che scelgono gli
          scultori». Ero contenta che Umiliana non avesse mai visto le mie Giuditte.
          «E va bene. Dimentichiamo le statue. Vai a vedere i quadri e osserva come
          sono aggraziate le figure femminili. Presta attenzione al modo in cui sono
          atteggiate, in piedi o sedute. Può darsi che un giorno ti torni utile. E dopo

          questo, puoi invitare Giorgio.
              Ma prima vacci tu. Ti chiederò conto di quello che hai visto».
              Il giorno seguente andai in Accademia a parlare con l'assistente.

              «Avete ancora la lista delle modelle?» gli domandai.
              «Vorrei aggiungervi un nome».
               Inclinò  il  faccione  giallastro  da  un  lato  e  si  permise  un  sorriso  tirato,
          come  se  avesse  vinto  chissà  che.  «Certamente,  signora».  Le  parole  gli
          colavano dalla bocca come una oleosa vendetta.

               Prese il fascicolo e mi porse una penna d'oca. Scrissi, in lettere grandi e
          chiare,  Umiliana  Rossi,  via  de  Tintori  e  glielo  resi  perché  leggesse.  «E'
          eccellente. Vedete che abbia lavoro!»

              Il sorriso gli si congelò sulle labbra.











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