Page 125 - La passione di Artemisia
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«No, niente liti. Forza, cominciamo».

              «Come si fa a sapere chi è più bravo tra due pittori?»
              Ci pensai un momento. «A volte è impossibile capirlo.
               Pittori diversi sono bravi in cose diverse». Guardai una Sacra Famiglia

          che aveva dipinto Pietro e che era stata alla parete sin dal giorno in cui ero
          arrivata.  Maria  era  incantevole,  con  tutta  la  sensualità  in  quei  suoi  occhi
          bassi e nel collo nudo, che una vergine non dovrebbe avere. Mi dispiaceva
          che non mi avesse mai commossa. Non era viva.
              «La linea che separa il fallimento dall'immortalità a volte è sottile come

          un capello. Non si sa mai quanto ci si è vicini. Un artista potrebbe essere
          ricco di talento se visto isolatamente, ma se viene accostato al genio, la sua
          opera potrebbe apparire mediocre. E' tutto meravigliosamente complicato».

               Questo era probabilmente più di quanto le servisse da spiegazione, ma
          non seppi resistere alla sua mente curiosa.
               Quando venne l'estate Umiliana portò rosmarino e maggiorana dall'orto
          di sua madre. In autunno ci portò il pecorino fresco, che i pastori portavano
          giù dalle montagne alla latteria di Giorgio, ed era ancora tenero. In inverno

          pere, mele e castagne da fare arrosto.
              «Non  abbiamo  fatto  molto  oggi»,  diceva  spesso  allegramente,
          guardando la tela alla fine del pomeriggio di posa.

               L'ultimo giorno dipinsi sulla cornice dello specchio in lettere dorate il
          motto, Optimum Partem Elegit, "ha scelto la via migliore".
              «Eccoti.  Bella  come  la  Venere  di  Botticelli»,  dissi  una  volta  apposta
          l'ultima pennellata.
              «Non c'è altro che dobbiate aggiungere domani?»

              «Solo la mia firma».
              «Posso guardare?»
               Improvvisamente mi resi conto che in tutti quei mesi era stata dall'altra

          parte  del  cavalletto  e  non  mi  aveva  mai  visto  davvero  stendere  il  colore
          sulla tela. Senza avvedermene, l'avevo esclusa dal cuore del procedimento.
          «Ma certo». Preparai della foglia d'oro mischiata al colore, girai il dipinto di
          lato  e  scrissi  "Artemisia  Lom"  sul  lato  della  poltrona.  «Artemisia  Lom»,
          dissi ad alta voce, nel caso non sapesse leggere.

              «Il vostro nome è Lom?»
              «Lomi. E' il mio cognome materno. Manca l'ultima lettera.
               Vieni qui, accanto a me. Dammi la mano». Le misi il pennello in mano e

          la strinsi dolcemente con la mia, in modo da scrivere la i insieme. «Ora, da
          sola, metti un puntino sull'ultima lettera».
               Strinse  le  labbra  per  la  grande  responsabilità  che  avvertiva,  mentre
          muoveva  lentamente  la  mano,  che  teneva  ferma  al  polso  con  l'altra,
          avvicinandola alla tela. Poi si voltò verso di me, inspirando profondamente



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