Page 128 - La passione di Artemisia
P. 128
solo fosse stata ancora in vita.
Forse non ero davvero abbastanza brava per guadagnarmi da vivere con
la pittura. Forse papà mi aveva riempito la testa di ambizioni errate. Forse
stavo vivendo un sogno folle.
Rimisi le monete nella piccola borsa e cercai di pensare con calma. Quei
soldi dovevano servire per acquistare solo il cibo, finché non avessi avuto
una nuova commissione.
Cosimo però non voleva altri quadri, ora che era impegnato a ingrandire
Palazzo Pitti, ed erano sei mesi che non ricevevo commissioni. Ma dovevo
ugualmente continuare a dipingere per avere dei lavori da mostrare. Avrei
comprato solo una piccola quantità di giallo di Napoli.
Se avessi cercato un nuovo committente in quella stessa città sarei
apparsa sleale, ma non se avessi lavorato per una chiesa. Il giorno seguente
lasciai Palmira da Fina e, felice di avere del tempo tutto per me, avvolsi la
mia Santa Caterina non ancora finita in un panno e la portai a Santa Maria
del Carmine, dove si sarebbe potuto trovare un posto per lei in qualche
cappella.
Chiesi a un giovane prete se potevo parlare con il monsignore e attesi
nella Cappella Brancacci, la mia preferita per l'Adamo ed Eva di Masaccio.
In quel momento, come se lo vedessi per la prima volta, l'affresco che
rappresenta Gesù che manda Pietro a cercare il denaro per la dogana nella
bocca di un pesce mi toccò nel profondo. Cristo aveva il volto sereno e
sicuro, anche se i discepoli lo guardavano allarmati e incuriositi. Gesù
indica calmo il lago e Pietro ripete il gesto, ma sul suo viso incredulo è
chiara la domanda: «Dove?»
Quale fede profonda v'era in Cristo, da indurlo o cercare in un posto
tanto inaspettato quale la bocca di un pesce!
Nessun dubbio. Nessuna autocommiserazione per la propria povertà,
per dover pagare la dogana, per non sapere dove i suoi discepoli avrebbero
fatto il prossimo pasto. E tutto per quella infinita fiducia nel Padre Celeste.
Chiusi gli occhi e cercai di avvertire la sua guida. Quando li riaprii e vidi
quella fiducia affrescata sulla parete, mi resi conto per la prima volta in vita
mia che stavo usando una chiesa e l'arte che la decorava per ciò a cui era
destinata. Al di là della logica di Galileo, l'arte più alta è quella che innalza
lo spirito, qualunque sia il mezzo usato.
Il monsignore si avvicinò con aria preoccupata. Persino questo mi diede
conforto. Mi presentai e gli offrii il mio dipinto, spiegandogli che si trattava
di santa Caterina.
«Non sembra finito».
«No, infatti. Pensavo solo... mi piacciono gli affreschi di Masaccio. Sarei
onorata se un mio dipinto potesse star loro accanto... quando sarà finito».
128