Page 103 - La passione di Artemisia
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Andava proprio bene. Stavo facendo quello che mi piaceva, imparando
ogni giorno qualcosa ed ero riverita per questo.
Appesi la lavanda a un gancio del soffitto, in mezzo alle pentole di ferro.
Quando si fosse seccata, l'avrei pestata nel mortaio, l'avrei immersa in un
po' d'acqua del pozzo, che avrei fatto bollire qualche minuto, per farne un
dolce profumo, e me ne sarei cosparsa il collo e le guance la prossima volta
che avessi ricevuto un invito. Magari ci sarebbe stato anche il matematico
di corte.
Scacciai una zanzara, ma non mi andava di chiudere la finestra. Mi
svestii e indossai la camicia da notte. Il suono acuto e soffocato dei
pipistrelli che saliva dal fiume era il più triste del mondo.
E ora? Scrivere tutto a papà? Sì, potevo farlo. Se Pietro non godeva del
mio trionfo, lui l'avrebbe fatto. Ma è anche vero che papà mi aveva sempre
proclamata un suo prodotto.
...Ripetuti atti carnali, dannosi anche per me... povero querelante, tanto
che non mi è stato possibile ricavare il giusto guadagno dal suo talento di
pittrice. Mi feriva ancora che mi considerasse una novità da mettere in
vendita, ma l'amarezza era un sentimento pericoloso. Avrebbe potuto
scolpirsi per sempre sulla mia faccia o manifestarsi come insolenza e, se un
committente si fosse offeso, come avevano fatto in un primo momento
all'Accademia, avrebbe potuto cacciarmi. Non potevo permettermi il lusso
di mostrare risentimento. La mia immagine pubblica avrebbe dovuto essere
caratterizzata dal riserbo. E inoltre, non era lui a vendere il mio talento, ma
io. C'era un'enorme differenza: tutto ciò non si sarebbe verificato se fossi
rimasta a Roma, cioè nel caso non ci fosse stato il processo. Fino ad allora
non avevo mai considerato la faccenda da quel punto di vista.
Pietro non tornò a casa. Sarebbe stato piacevole parlare della serata in
modo tranquillo - se non con lui, con qualcuno almeno, con quell'uomo che
mi aveva detto che ero bella ad esempio - fare dei commenti divertiti sul
granduca, sulla corte, sugli altri possibili clienti, sulla musica, sui cibi, sugli
addobbi e, se ci fosse stato Pietro, svestirsi lentamente alla luce della
candela, lasciando che i momenti della serata si spargessero come chicchi
d'uva matura da una ciotola rovesciata. Desiderabile, certo, ma non
essenziale.
La pittura era essenziale.
Fui colpita dal miagolio lamentoso di un gatto in amore, che mi fece
gelare per un istante la pelle accaldata.
Mi rese consapevole di un desiderio, che zampillava da qualche luogo
segreto di me, di toccare, accarezzare, coccolare come si fa con un gatto. E
di essere toccata, di accoccolarmi contro una mano, di inarcarmi sotto le
dita, la spinta della carne.
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