Page 100 - La passione di Artemisia
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scorrerle sulle caviglie e giocare a pescare con una bacchetta.
Le raccontai di suor Graziella e di suor Paola, che vivevano nel convento
su un colle di Roma. Al mercato comprai due ciotole di legno, e costruii le
vele con ramoscelli e carta. Poi fabbricammo delle bambole di carta, che
Palmira dipinse di nero con un pezzetto di carbone, tranne le mani e il viso,
e battezzò suor Graziella e suor Paola. Le insegnai le lettere che
componevano i loro nomi perché li scrivesse sul retro. Non ne pronunciava
mai il nome senza aggiungere prima "suor", come se fosse un titolo
nobiliare.
Legai una cordicella alle barchette e le mettemmo nel fiume con dentro
le bambole di carta. Guardammo le suore scivolare ballonzolando lungo la
riva, immensamente felici del nostro gioco. Osservandola tirare la
barchetta con Graziella, mi resi conto che le sue parole erano vere, poiché
Palmira era guarita. Non ero stata separata dall'amore di Dio.
Solo un paio di settimane prima della consegna del dipinto, senza
nemmeno pensarci, allargai il viso di Oloferne e gli allungai il naso. Così
divenne un assiro e nient' altro che un assiro. Rimossi la sfumatura
verdastra dalla pelle, in modo da farla assomigliare a pietra grigia o metallo,
dello stesso colore della testa urlante sull'elsa, a suggerire che era quello
ciò che aveva fatto fino a un momento prima, anche se ora era in pace. E lo
lasciai riposare in pace.
Il dipinto doveva essere offerto al granduca nel corso di un ricevimento
serale a Palazzo Pitti. Pietro non venne. Fu una decisione poco avveduta. A
Palazzo ci sarebbe stata tutta la famiglia Medici e gli artisti che Cosimo
proteggeva al momento, a parlare di interpretazione, composizione e
tecnica. Avrebbe potuto conoscere qualche nuovo committente.
LO avrei presentato a Cosimo come un pittore raffinato. Pietro non
volle saperne.
Mi mandarono una carrozza. Quando salii, sentii che qualcosa attorno
al petto si era strappato. Fina mi aveva cucito un corpetto nuovo aderente,
color verde scuro, con maniche staccabili, in modo che se fossi stata
invitata altre volte, con maniche diverse il vestito avrebbe potuto apparire
nuovo. Non riuscivo a capire dove fosse lo strappo: potevo solo sperare che
non si vedesse.
A palazzo, passando nei saloni per arrivare nell'ampia sala quadrata
dell'Iliade, fui circondata dai colori delle vesti, dei quadri e dei soffitti
affrescati. Le pareti erano ricoperte da tre file sovrapposte di quadri, senza
un ordine apparente e tutti con cornici riccamente intagliate: una festa per
gli occhi. C'era anche la mia Giuditta che uccide Oloferne, in un'elegante
cornice intagliata e dorata. Mi mancò il respiro al vederla appesa in mezzo a
tanti capolavori.
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