Page 101 - La passione di Artemisia
P. 101

Chi li aveva dipinti? Raffaello, Tiziano, Tintoretto, Rubens, Andrea del

          Sarto? Che cosa straordinaria sarebbe stata se solo fossi riuscita a trovare
          qualcuno con cui parlarne.
               Mi inchinai di fronte al granduca. Questa volta era vestito con i colori

          opposti: braghette e giustacuore verde smeraldo, con maniche arricchite da
          complicati intagli, per mostrare la seta rossa sottostante.  Mi sorressi allo
          schienale  di  velluto  di  una  sedia,  mentre  la  mia  nuova  Giuditta  veniva
          sistemata, coperta da un drappo, su un cavalletto di noce intagliato, accanto
          a  Giuditta  che  uccide  Oloferne.  Quando  venne  scoperta  guardai  solo

          Cosimo.  Si accarezzò il ciuffetto di barba triangolare con aria soddisfatta,
          passando lo sguardo da un quadro all'altro.
              «Brava.  Magnifico»,  disse,  e  tutti  i  presenti  assentirono  all'unisono.

          «Ho  fatto  una  scoperta.  Qui,  in  Artemisia  Gentileschi  Lomi,  troviamo
          riunite la mente razionale di un uomo e la mano sensuale di una donna».
               Non potei evitare di guardare il mio dipinto. La luce delle candele alle
          pareti metteva in risalto i tocchi di luce sul volto e sul collo di Giuditta, il
          panno che cingeva la testa e la manica di Abra, persino il merlettino bianco

          tra il corpetto e i panneggi della gonna. Potei notare più che mai la bella
          forma di un'ombra che si assottigliava tra la fine del suo collo e l'inizio del
          petto. Ero estremamente soddisfatta.

              «Non  c'è  male»,  sentii  dire  da  qualcuno  nel  salone.  Odiavo
          quell'espressione sussiegosa.
              «Ma  oltre  a  questo»,  proseguì  Cosimo,  «con  i  due  dipinti  insieme,
          possiamo vedere due aspetti del femminino.
              Abbiamo l'attivo e il contemplativo. Ancora brava».

               Altre persone, che avevano un'opinione migliore di «non c'è male», si
          complimentarono  con  dei  «bello»  e  «formidabile»,  accompagnati  da
          profonde riverenze.

               Un  uomo  dalla  barba  grigia,  prossimo  ai  cinquant'anni,  che  indossava
          braghette  marroni  e  se  ne  stava  per  conto  suo,  mi  venne  incontro
          sorridendo. Mi erano familiari quel naso lungo e diritto e la barba ricurva
          sul  mento,  come  il  dorso  di  un  cucchiaio  di  peltro  ma,  più  caratteristico
          della barba, era il porro sotto l'occhio sinistro. Ero certa di averlo già visto

          da qualche parte.
              «Avete un grande futuro», disse, «che senza dubbio farà il paio con la
          grande  bellezza  della  vostra  persona».  L'espressione  negli  occhi  scuri  era

          genuina.
              Che avrei potuto dire, dopo aver balbettato la mia gratitudine?
              «Forse potreste dirmi qualcosa di questa meravigliosa collezione».
               Un'ondata spumeggiante di signore in broccato viola carico, oltremarino
          e verde intenso volò verso di me come uno sciame di insetti su uno stagno.



                                                           101
   96   97   98   99   100   101   102   103   104   105   106