Page 84 - Il mercante d'arte di Hitler
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spade, quanto una battaglia spirituale: «Io porto la guerra. Non
tra popolo e popolo: non ho parole per esprimere il mio disgusto
per lʼominosa politica di interessi delle dinastie europee che fa
dell’esaltazione egoistica e della (pre)potenza di un popolo
contro l’altro un principio e quasi un dovere». Lo scontro
bellico in senso stretto è per Nietzsche un «letargo della
civiltà». La smania di guerra di così tanti artisti viene da una
semplificazione delle idee di Nietzsche nel quadro della riforma
dell’insegnamento dell’arte. Molti di loro vedono nella prima
guerra mondiale anzitutto uno scontro di civiltà per la
supremazia spirituale dei tedeschi in Europa. Anche Hildebrand
è convinto della bontà della missione culturale nei territori
dell’Ober-Ost, per poter portare ai popoli “primitivi” qui
residenti la benedizione della cultura tedesca.
Ma di questa cultura, ciò che Hildebrand riceve dalle nuove
impressioni e dall’incontro con i commilitoni dell’ufficio
stampa è molto più di quanto egli non riesca a trasmettere in
prima persona, data la giovane età. Finalmente si ritrova in
compagnia di persone con cui può intrattenere conversazioni di
una certa profondità. Hildebrand è accolto nel Club degli ex
intellettuali, dove l’aggiunta “ex” è inserita all’unico scopo di
non destare il sospetto, nei propri superiori, che si tratti di
riunioni sediziose, o questo perlomeno è quel che racconta
Sammy Gronemann, nelle memorie che pubblicherà più tardi.
«Ogni sera», scrive, «un membro della tavola rotonda [aveva il
compito] di raccontare qualcosa dal proprio ambito di
specializzazione. Oskar Kühl parlava del lavoro da giornalista,
io magari riferivo qualche aneddoto dallo studio legale, Arnold
Zweig, Richard Dehmel, Herbert Eulenberg leggevano a tutti le
loro ultime poesie, Smigelski, un tempo prete gesuita e che ora
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