Page 89 - Il mercante d'arte di Hitler
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discussioni con i pittori, gli attori, gli intellettuali che incontra
nella sua sezione. Il fatto che molti dei suoi commilitoni
abbiano origini ebraiche, come Hermann Struck, Arnold Zweig
o Magnus Zeller ad esempio, non ha alcuna importanza per lui.
Con il suo interlocutore, di volta in volta, egli condivide i propri
dubbi sulla situazione attuale in cui si ritrovano. Così scrive a
Wilibald, il 24 aprile 1918: «[…] ma quando sono qui solo e mi
trovo con Zeller o chiunque altro, parliamo della guerra,
pensiamo la guerra, sentiamo la guerra. E non riusciamo a venir
fuori dalle nostre domande. Perché? A che scopo? Era davvero
necessario? Che fare per non prolungarla ulteriormente? Che
fare per ridurne gli effetti? Che fare per prepararsi alla nuova
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epoca?» .
Il giovane è sempre più sfiancato dalla guerra. Come tutti
anche lui ha creduto all’inizio di poter tornare a casa già a
Natale del 1914, dopo una rapida vittoria. Dopo anni di
combattimenti e milioni di morti arriva ora lo sconforto.
Hildebrand teme di aver commesso un grave errore nell’aver
abbandonato la scuola. Il 20 settembre 1918, poche settimane
prima dell’armistizio, confida al fratello: «Poi è arrivata la
guerra e ho creduto a tutte quelle fesserie sull’onore, la
temerarietà, l’amore per la patria ecc. che si leggevano ovunque
sui giornali e non solo. E [ho accettato] tutto in maniera acritica,
come sempre in casa, non ho fatto alcuna scelta (perché in casa
quel che arriva è tutto buono)». E ancora vorrebbe però essere
un patriota e un tedesco tutto d’un pezzo: «La domanda è fino a
che punto sia lecito realizzare quella richiesta di pace che i
pensatori di ogni tempo hanno avanzato sulla base dell’etica,
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quando ne va del pensiero nazionale» .
Nostalgia di pace e di una nuova vita
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