Page 90 - Il mercante d'arte di Hitler
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Le lettere di Hildebrand nell’ultimo anno di guerra
testimoniano di un mutamento che l’ha visto protagonista, il
passaggio dall’entusiasmo per la guerra fin quasi al pacifismo.
Hildebrand è sconvolto dall’esperienza sul campo di battaglia,
galvanizzato intellettualmente dall’intensa lettura di Nietzsche e
Tolstoj, che lui definisce «la [sua] Bibbia», ispirato dallo
scambio con gli altri «ambasciatori culturali» dell’ufficio
stampa. Il timido ragazzo di Dresda è diventato un uomo adulto.
A Vilnius ha il suo primo appuntamento, invita a ballare una
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“giovane scribacchina” . Deluso dalla guerra, ma ancora pieno
di iniziativa comincia a immaginare i tempi a venire. «Sai in
realtà quali sono i miei piani per il futuro?», chiede di
buonumore al fratello in una lettera, per poi dar subito egli
stesso la risposta: «Andare in una qualche città dove la vita è
moderna e improntata sulla grande industria, come a Barmen o
a Essen o simili, e lì cercare, attraverso un piccolo museo che
punti a un effetto (non a qualche esaustività o altro), di arrivare
a condizionare i lavoratori o, se vuoi, di usare l’arte come esca e
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richiamo per la causa intellettuale» . Eccolo qui già delineato
l’energico operatore museale che farà del piccolo centro
esposizioni di Zwickau una grande istituzione di portata
interregionale.
Ma la lettera di Natale del 1917, poche settimane dopo, ha un
tono di nuovo disperato e insicuro: «Non credo che notizie di
pace raggiungeranno tanto presto l’umanità, ma finché gli
uomini non capiranno che […] la responsabilità della guerra
non è degli Stati o di chissà quale nemico, ma di ognuno di noi
con la propria cattiva condotta, non ci sarà alcuna pace. Non
posso e non voglio credere che la guerra sia qualcosa contro cui
non ci sia nulla da fare, come ad esempio con un terremoto, che
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