Page 411 - Il mercante d'arte di Hitler
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strada anche il problema del rapporto della Repubblica federale

                con  questa  eredità.  Il  caso  Gurlitt  illumina  di  una  luce

                abbagliante ciò che per decenni era stato trascurato: il lassismo
                con  cui  la  rielaborazione  del  passato  dopo  il  1945  è  stata

                condotta e che ha dato origine a nuove ingiustizie.

                   Lo Stato si vede messo di fronte a uno dei più grossi scandali

                nel campo dell’arte dal dopoguerra, il dibattito su temi quali la

                persecuzione, il furto e la restituzione, sui tesori tenuti nascosti
                in  mani  pubbliche  e  privati,  e  sulle  ricerche  legate  alla  loro

                provenienza,  domina  i  titoli  di  testa  non  solo  delle  pagine

                culturali.  La  Jewish  Claims  Conference  si  attiva,  il  presidente

                del  Congresso  ebraico  mondiale,  Ronald  S.  Lauder,  solleva

                pesanti accuse contro il governo federale, i media internazionali
                riferiscono  affascinati  del  caso.  Per  i  discendenti  dei

                collezionisti  ebrei  matura  l’amara  consapevolezza  che  su

                questo, seppur ultimo, terreno si è proceduto finora soltanto a

                stento  nella  volontà  di  rischiarare  il  passato  tedesco.  Il  caso

                Gurlitt  cambia  la  percezione  dei  valori  acquisiti  di  un  intero
                Paese. Ciò che è esposto nei musei o conservato nei depositi, sia

                di proprietà pubblica sia privata, non rappresenta più in alcun

                modo un patrimonio sicuro, fino a che non siano stati chiariti i

                precedenti  rapporti  di  proprietà.  L’arte  diventa  silenzioso

                testimone del passato nazista.

                   All’inizio,  però,  tutto  lascia  dedurre  un  reato  di  evasione
                fiscale.  Gli  ufficiali  della  dogana  sull’Eurocity  numero  197

                invitano  l’anziano  signore  dello  scompartimento  a  lasciarsi

                perquisire  e  trovano  su  di  lui  quella  terza  busta  mancante.

                All’interno vi sono novemila euro in banconote da cinquecento,

                fresche  di  stampa.  Cornelius  Gurlitt  si  difende  dicendo  che,

                dopotutto, fino a diecimila euro è lecito poter portar all’estero




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