Page 368 - Il mercante d'arte di Hitler
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atteggiamento idealista, Gurlitt sarebbe disposto anche a
investire ancora forze e costi di viaggio nella causa, ma quel che
può fare di fatto è solo mettere a disposizione i quadri: le forze
di occupazioni non gli rilasciano le autorizzazioni, la cosa deve
essere sbrigata da Berlino. A luglio del 1946 Gurlitt ancora non
dispone di un visto che gli permetta di entrare a Dresda senza
rischi. Gurlitt rimane allora in Germania Ovest, non volendo
esporsi al pericolo di essere arrestato. Da un mese la libertà di
movimento tra una e l’altra zona di occupazione è stata limitata
su richiesta delle autorità sovietiche.
Simili imprevisti e lo scarso tempo a disposizione per i
preparativi fanno sì che a trenta giorni dall’apertura, fissata in
agosto, la mostra venga fatta slittare alla primavera successiva
nel 1947. Ciò però non si adatta ai piani della politica, che
vorrebbe utilizzare l’esposizione nella campagna per l’elezione
del futuro governo della Sassonia. Le consultazioni nella zona
di occupazione sovietica avranno luogo a ottobre. Grohmann
prende allora in mano la faccenda personalmente e con due
autotreni parte e si mette in viaggio verso Ovest. Nella valigetta
ha con sé i 200.000 marchi imperiali già richiesti da Gurlitt e un
mandato ufficiale del governo militare sovietico. A Monaco,
Stoccarda, Mannheim e Colonia, tuttavia, gli intermediari di
Gurlitt non hanno più ricevuto istruzioni: i quadri non sono
subito pronti per essere portati via. E il tour di Grohmann si
trasforma in un caos. È un tutti contro tutti. Alla fine però
l’energico politico ha la meglio anche su queste difficoltà.
Gurlitt riconosce al collega di Dresda un’enorme ambizione e si
ritira dal progetto. Grohmann non intendeva evidentemente
renderlo davvero partecipe, bensì piuttosto tenere le redini di
tutto, per poi incassare da solo anche la gloria. Da una simile
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