Page 362 - Il mercante d'arte di Hitler
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che tra rivendere i dipinti di Liebermann o abbandonarli alla
minaccia di essere distrutti vi fosse comunque spazio per altre
possibilità d’azione. Al contrario, continua a addurre a propria
difesa, in maniera quasi rituale, la sospensione da Zwickau o
Amburgo. Su questo punto le sue categorie morali finiscono
sottosopra.
Anche con gli amici di Zwickau Gurlitt si informa sulla
situazione lì e le possibilità che si prospettano per lui. Da
collezionisti e clienti Gurlitt viene a sapere che a Zwickau ci si
attende una sua candidatura. Lì il suo nome sarebbe alquanto
quotato e godrebbe presso il sindaco Tischler della miglior
considerazione. Gurlitt è commosso. Finalmente un
riconoscimento da quella città. Il 7 dicembre 1945 scrive una
lunga lettera a Tischler, piena di enfasi: «Ma l’attività a
Zwickau […] mi è sempre sembrata la cosa più significativa e a
me cara, lì è rimasto il mio cuore. Cosa può esservi di più bello
per un uomo della mia risma di dare impulso artistico a una
cittadina industriale, di per sé lontana dall’arte, e mettere in
contatto persone, che l’arte altrimenti non avrebbe mai
raggiunto, con quelle opere le quali […] sole rendono le nostre
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vite vivibili» . Al colmo dell’entusiasmo Gurlitt si offre di
andare subito a Zwickau e di provvedere lui stesso alle spese di
viaggio. Come per Amburgo, tuttavia, ha bisogno di un invito
ufficiale della città. Quel primo segno di approvazione lo rende
incauto, è convinto di avere fondamentalmente diritto al posto
lì, dopo quel che gli è stato fatto, e si comporta di conseguenza.
Ma dal punto di vista strategico non è una mossa molto
intelligente. Nessuno a Zwickau ritiene di dover qualcosa a
Gurlitt, di sicuro non tra le cariche ufficiale. Il 5 gennaio 1946
arriva laconica la replica: la direzione del museo della città è già
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