Page 328 - Il mercante d'arte di Hitler
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giudicare in mia assenza ad Amburgo e che oggi talvolta si
spacci per fedeltà ai propri principi morali l’antipatia della
gente, e un certo rancore solo perché nel Terzo Reich ho avuto
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comunque fortuna…» . Il caso Gurlitt investe anche altre
persone, ne viene coinvolto persino Hermann Reemtsma, e per
questo la sua segretaria, Karla Langhoff, viene chiamata a
testimoniare al processo. Nella versione di Ingeborg Hertmann,
«l’attività commerciale nella “compera” di dipinti» di Gurlitt si
era allargata «a tal punto che – come io seppi dalla segretaria di
Reemtsma all’epoca – nel 1942 e ’43 lui andava dicendo di
lavorare ancora per il “Führer”». Karla Langhoff però smentisce
davanti alla polizia criminale di Amburgo di aver detto tutto
questo – «perché io lui [Gurlitt] lo vedevo solo di rado e anche
volendo non avrei mai avuto occasione di intrattenermi a parlare
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con lui» . Riferisce in cambio come Inge Hertmann, quando
Gurlitt ha lasciato Amburgo, abbia cominciato a operare quale
commerciante d’arte per conto proprio e abbia più volte tentato
in questa veste di avvicinare Hermann Reemtsma. Stando a
Langhoff, le opere offerte da Hertmann sarebbero provenute da
collezionisti privati in difficoltà economiche e in questo modo
Hertmann avrebbe potuto aumentare considerevolmente i propri
margini. Di colpo il sospetto si ritorce contro la stessa
accusatrice. Hertmann «a quanto dice, sarebbe stata sposata a un
uomo ebreo che fu portato via […] e del quale non ha più
saputo nulla». Langhoff ritiene che il marito, da cui Hertmann si
era separata, sia stato deportato a Litzmannstadt. Si tratta del
ghetto allestito per gli ebrei dai nazisti nella città polacca di
Łódź, una tappa intermedia prima che questi fossero deportati
nei campi di sterminio, da cui l’uomo eventualmente avrebbe
potuto sfuggire, protetto dal matrimonio con una donna ariana.
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