Page 324 - Il mercante d'arte di Hitler
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rottura, poiché, rilevandole lui stesso, ha potuto salvare opere
messe al bando – un’interpretazione che trova ancora oggi i suoi
difensori. Con questo il giurista di Colonia giustifica,
fondamentalmente, i propri stessi acquisti. Gurlitt, come pure
gli altri agenti dell’operazione “Arte degenerata”, hanno spesso
rivenduto le opere a collezionisti tedeschi, sebbene fosse
vietato. In tal senso essi contravvenivano agli ordini ufficiali,
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ma non per questo vi si opponevano in modo esplicito . In
realtà le possibilità di collocare la merce erano molto più
redditizie in patria che all’estero, dove a conoscere gli artisti
tedeschi erano solo in pochi. Persino quando all’inizio del 1941,
verso la fine del Piano di valorizzazione, il pericolo di
distruzione dei fondi di magazzino di arte degenerata era
cresciuto e con esso la minaccia che il rogo di quadri avvenuto a
marzo del 1939 nel cortile della stazione centrale dei pompieri
di Berlino potesse ripetersi, i mercanti avevano condotto in tutta
fretta i loro ultimi acquisti mossi da interessi primariamente
economici, seppur non solo da questi. Nella suddetta fase finale
Gurlitt ha acquistato dal magazzino ancora voluminosi lotti di
incisioni, pur sapendo di non riuscire a smaltirle subito. Molte
di esse si trovano ancora oggi nella collezione del figlio. Gurlitt
è stato mosso senz’altro anche da un interesse ideale per le
opere dell’Espressionismo, che hanno per lui una grande forza
simbolica. Esse rappresentano la Germania buona, quale
nazione della cultura, e significano per lui, non da ultimo, il
legame con l’arte della sorella Cornelia.
Ma sarebbe del tutto assurdo voler interpretare gli acquisti
effettuati da Gurlitt nei territori occupati come momenti della
sua opposizione ai nazisti, come cerca di fare invece Haubrich.
Con essi il mercante d’arte ha invece superato definitivamente
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