Page 306 - Il mercante d'arte di Hitler
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Ma Gurlitt può dissipare ogni dubbio. I bauli spostati con
l’aiuto del figlio del barone, Wolfgang von Pölnitz,
conterrebbero soltanto libri di storia dell’arte e documenti del
suo negozio e sarebbero stati portati nell’edificio della scuola,
per far posto a oggetti di maggior valore negli spazi del castello.
Nel successivo interrogatorio Gurlitt dichiara di non avere
depositato le sue cose da nessun’altra parte ad Aschbach. A
causa dell’umidità in cantina ha dovuto spostare delle casse, che
erano state sistemate lì inizialmente, ma è comunque rimasto
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tutto al castello . Gli Alleati gli credono. Più tardi Gurlitt potrà
venire a recuperare ancora alcune cose che ha nascosto. È
possibile davvero che i pacchi rimossi assieme a Wolfgang von
Pölnitz siano in un primo tempo stati portati alla scuola, ma in
seguito, di fatto, sono finiti al mulino di Heuchelheim bei
Schlüsselfeld a dieci chilometri da lì.
Ma c’è ancora un particolare che il tenente McKay tenta di
chiarire nel suo interrogatorio. Vorrebbe sapere perché i colli
rechino la scritta “Pinacoteca di Dresda” e se le opere lì
contenute non siano proprietà del museo. Gurlitt spiega
l’equivoco, dicendo di aver avuto in prestito le casse, non
essendo riuscito a trovarne delle altre, ma che quel che vi si
trova dentro è solo roba sua. Dopodiché si procede
all’inventario degli oggetti. Per ogni cassa gli viene chiesto di
indicare l’origine dei dipinti lì contenuti. In questa prima fase
Gurlitt fornisce, quale fonte soprattutto delle opere francesi e
olandesi, il nome dei mercanti a Parigi, Bruxelles e Amsterdam.
Le opere tedesche, stando alle sue dichiarazioni, provengono
principalmente da Amburgo e Berlino, quando non le abbia
avute direttamente dai loro artisti. Quanto ai pacchi di «incisioni
moderne», Gurlitt afferma di averle acquistate «per circa 2.000
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