Page 299 - Il mercante d'arte di Hitler
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agronomica”, una specie di kibbutz in vitro, dove preparare gli
ebrei, in maggioranza polacchi, a una nuova vita prima della
migrazione in Palestina. Qui essi apprendono tutto ciò che c’è
da sapere di agricoltura, imparano l’inglese e l’ebraico. La
situazione ha una dimensione particolarmente tragica, se si
pensa che fino al 1942 esisteva ancora ad Aschbach una
comunità ebraica, della cui estinzione forse pure lo stesso von
Pölnitz, da capo della sezione locale dell’NSDAP, è responsabile.
Il campo rimarrà qui fino al 1948, dando accoglienza nel corso
degli anni a 148 persone. A gennaio dell’ultimo anno 107 ebrei
ancora risiederanno qui. Due mesi dopo se ne partiranno tutti e
il castello sarà restituito ai Pölnitz.
Hildebrand Gurlitt e i suoi cari trovano asilo al castello di
Aschbach per otto giorni, dopodiché la famiglia si sistema in
una piccola abitazione lì vicino. Hauptstraße 13 sarà per quasi
tre anni il loro indirizzo. Cibo ne hanno a sufficienza, ma manca
loro ogni comfort. «Mi creda, non viviamo in un paradiso,
abbiamo patate, pane e farina a volontà, ma tutto il resto è
scarso e assegnazioni straordinarie di pesce o simili non ve ne
sono! In casa poi non c’è corrente e l’acqua dobbiamo prenderla
al pozzo. La legna nel bosco ecc.», così Hildebrand Gurlitt
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descrive le loro condizioni . Ad Aschbach regna la miseria,
manca quasi tutto. La situazione ha dell’assurdo: Gurlitt ha
abbastanza denaro per poter vivere da re, ma non si trovano
mobili né vestiti, né elettrodomestici. Nel dopoguerra tutto deve
essere riorganizzato con fatica. Gli artigiani del luogo sono
oberati di richieste, ma non hanno materiale sufficiente con cui
lavorare. In questa situazione Gurlitt sa far buon uso dell’aiuto
concessogli da amici dall’estero, soprattutto dagli Stati Uniti. I
vecchi contatti vengono riattivati. Helene scrive a Lisa Arnhold,
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