Page 285 - Il mercante d'arte di Hitler
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da quelle opere che non rispondono alla linea dei
nazionalsocialisti, tra cui numerosi quadri di Liebermann.
Gurlitt ci tiene che i curatori museali si rivolgano a lui in qualità
di conoscitore, e non “d’ufficio”. Gli ex colleghi e membri del
Museumsbund tedesco gli riconfermano la stima nei suoi
confronti, prima e dopo la Seconda guerra mondiale, ma in
particolare durante la fase dell’occupazione.
Una particolarità di Gurlitt è il fatto che egli conduca i suoi
affari a proprie spese, tanto per il Museo del Führer in fieri
come per i musei già in attività. Gurlitt intraprende viaggi
all’estero, valuta in loco le offerte e informa di conseguenza i
curatori di museo o Hermann Voss di opere di volta in volta che
corrispondono al profilo del collezionista. Non appena egli
ottiene l’incarico, acquista l’opera in questione a proprio carico.
Gurlitt non insiste perché sia il committente a procurare le
valute straniere, cosa che gli semplificherebbe la pratica. Invece
si presenta all’estero come acquirente e in casa, al contrario,
come venditore. L’autorizzazione all’acquisto e vendita di
valuta Gurlitt deve richiederla da sé in Germania presso
l’Ufficio licenze del Reich a nome della sua galleria di
Amburgo. In tal modo prima può pagare al venditore sul posto
la somma richiesta di tasca propria, quindi si procura un
permesso di esportazione per poter far entrare la sua merce
privata in Germania e una volta qui la rivende a Voss o ai
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musei . I flussi di denaro viaggiano attraverso l’istituto
Bankhaus Wilhelm Rée di Amburgo, che gli concede un credito
pari a 200.000 marchi imperiali, o attraverso la Dresnder Bank,
presso la quale Gurlitt ha aperto un conto anticipi. Le valute
necessarie, poi, Gurlitt le ottiene presso la filiale parigina della
Dresdner Bank in Avenue de l’Opera. Con questo quadro,
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