Page 284 - Il mercante d'arte di Hitler
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compensa  le  perdite  che  ciò  gli  causa  intensificando  i  propri

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                contatti con i musei . E non si ferma un secondo. «Oggi riparto
                di nuovo per Parigi», cominciano così o in modo analogo quasi
                tutte  le  lettere  che  egli  scrive  tra  il  1943  e  il  1944  ai  suoi

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                clienti .  Tra  questi  vi  sono  tutte  le  maggiori  istituzioni  in
                Germania  come  pure  alcune  in  Austria.  Gli  affari  maggiori

                Gurlitt  li  conclude  a  Colonia.  Al  Wallraf-Richartz  Museum

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                procura complessivamente ventinove dipinti e quattro sculture .
                Il  Kunstverein  di  Colonia  ottiene  tramite  lui  dalla  Francia

                almeno  trentaquattro  opere,  tra  quadri  e  lavori  su  carta.  Il

                Kunstverein è peraltro solo una stazione intermedia per la merce

                di  Gurlitt,  non  disponendo  esso  a  Colonia  di  una  propria

                collezione. Per questa via le opere finiscono ai veri destinatari,
                mercanti e collezionisti privati che Gurlitt altrettanto rifornisce,

                ma  di  nascosto.  Un  altro  suo  cliente  a  Colonia  è  il  Museo

                romano germanico, che acquista da lui una gran quantità di vasi

                e oggetti artigianali. Per fare un parallelo, tra il 1941 e il 1944

                attraverso  Karl  Haberstock  arrivano  ai  musei  tedeschi  dai
                territori  occupati  soltanto  diciotto  opere  d’arte .  In  tal  senso,
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                allora  l’idea  che  Gurlitt  sia  il  principale  mercante  d’arte  del

                Terzo Reich non è affatto inappropriata.

                   Il gallerista è probabilmente lusingato dalle continue richieste

                rivoltegli dai direttori di museo di procurare loro nuovi oggetti

                d’arte. Nonostante operi nel commercio, Gurlitt si sente uno di
                loro. E i musei a loro volta ricambiano e gli offrono pezzi della

                propria collezione in vendita. Così ad esempio il direttore della

                Kunsthalle  di  Amburgo,  Werner  Kloos,  in  una  lettera  del  4

                aprile 1944 spiega come «l’aver rinunciato al bel Hondecoeter
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                non [gli sia] costato caro» . Kloos è tra i direttori di museo nel

                Terzo Reich che liberano a cuor leggero il proprio assortimento




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