Page 278 - Il mercante d'arte di Hitler
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dei miei nuovi dipinti. È abile e leale e ha una spiccata
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sensibilità per l’arte]» . Già quattro anni prima Beckmann
aveva reso al gallerista pubblica testimonianza del suo buon
nome: «Come da sua richiesta, sono lieto di certificare che,
esponendosi a un rischio personale, lei è stato l’ultimo a
organizzare una mia mostra ad Amburgo; che durante la guerra
è venuto a farmi visita a proprio pericolo; che ha acquistato
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quadri da me e ha usato termini sprezzanti per il regime» .
L’acquisto diretto di opere da Beckmann ad Amsterdam è
un’eccezione. La maggior parte degli acquisti di Gurlitt nei
distretti occupati occidentali avviene per intercessione di
mercanti d’arte locali, di solito tramite Theo Hermsen junior,
che ha sue sedi a Parigi e all’Aia. L’olandese ha ottimi contatti,
per questo anche il Dorotheum di Vienna ricorre spesso ai suoi
servizi, una delle più importanti case d’asta dell’area
mitteleuropea, che a marzo del 1938, dopo l’annessione
dell’Austria al Reich tedesco, viene rilevata dai
nazionalsocialisti e diventa istituzione di Stato. A partire dagli
inizi degli anni Quaranta la messa all’incanto dei beni
sequestrati avviene qui, e al contempo la casa d’aste funge da
distributore. Il Dorotheum è tra gli attori in Austria che più
profittano dell’esproprio di opere d’arte sancito dallo Stato. Con
la messa all’asta dei beni un tempo appartenuti agli ebrei, la
società non solo massimizza i propri guadagni, ma offre anche
una copertura atta a camuffare la reale provenienza della merce
di volta in volta lì ricoverata.
Hermsen non lavora soltanto come agente del Dorotheum, ma
fa altresì da intermediario ai musei tedeschi per opere d’arte
provenienti dalla Francia, cosa che lo rende interessante agli
occhi di Gurlitt. Accanto a servizi di agenzia, Hermsen procura
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