Page 224 - Il mercante d'arte di Hitler
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Ancora nell’autunno 1933, in occasione del settantesimo
compleanno di Edvard Munch, il ministro della Propaganda,
nonché presidente della Camera delle Belle arti del Reich, aveva
inviato al pittore un telegramma ufficiale di auguri,
esprimendogli tutta la propria stima. Nonostante egli stesso
possieda opere di Ernst Barlach e alle pareti delle stanze del suo
appartamento privato per un certo periodo siano appesi anche
degli acquerelli di Emil Nolde, Goebbels passa definitivamente
dalla parte degli oppositori dell’arte moderna. E non può più
concedersi quell’atteggiamento di simpatia verso
l’Espressionismo che si manifesta per l’ultima volta nell’invito
alla ballerina Gret Palucca a partecipare come artista
all’apertura dei giochi olimpici estivi del 1936. Goebbels ha
dovuto abbassare la testa, da quando Hitler, con il suo discorso
al congresso del partito a settembre del 1935, ha cominciato a
muovere pesanti attacchi all’arte moderna. Il dibattito pubblico
del biennio 1933-1934, sulla questione se le opere
dell’Espressionismo fossero o meno un valido modello
dell’“arte nordica tedesca” a venire, è ormai chiuso. Goebbels
deve ora tracciare una linea netta, anche con i suoi avversari,
primo tra tutti Alfred Rosenberg, fondatore della Lega militante
per la cultura tedesca e difensore di un’arte nazionale in senso
idealistico-realistico e autore del saggio Der Mythus des
zwanzigsten Jahrhunderts (Il mito del ventesimo secolo), che
subito dopo il Mein Kampf di Hitler costituisce l’opera
fondamentale dell’ideologia nazista. Goebbels deve imporsi
anche su Bernhard Rust. Durante un discorso alla Accademia
delle arti di Berlino a novembre del 1936, il ministro
dell’Istruzione, della Scienza e dell’Educazione del popolo del
Reich ha annunciato l’inizio dell’opera di “purificazione” degli
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