Page 222 - Il mercante d'arte di Hitler
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parte, che dal basamento si allungano direttamente fino
all’architrave. Sul lato frontale rivolto alla Prinzregentenstraße
si apre una gradinata che si estende sull’intera lunghezza e al
cui centro si trova l’entrata principale. Un sacrario dell’arte,
questo ha voluto che fosse Hitler, per poter dimostrare con il
suo aspetto solenne e imponente e il richiamo a una tradizione
millenaria la superiorità dell’arte a lui gradita.
In vista dell’apertura, a gennaio 1937 viene esteso un “bando
a tutti gli artisti tedeschi del Reich e all’estero” a presentare le
proprie opere per la prima Grande esposizione di arte tedesca.
Ne vengono inviate 15.000. Quando a inizio giugno Hitler e
Goebbels vi fanno visita per esaminare la preselezione della
giuria, scoppia un putiferio. Di fronte alla pessima qualità delle
opere, Hilter comincia a tirarle giù dalle pareti, venti, trenta,
quaranta, la sua furia è inarrestabile. Oltre ottanta sono le opere
rimosse alla fine. E anche il resto non corrisponde affatto alle
sue aspettative. La giuria – che comprende tra gli altri anche
Adolf Ziegler, presidente della Camera delle Belle arti del Reich
– viene destituita su due piedi e il fotografo documentarista
ufficiale di Hilter viene nominato unico giurato della Grande
esposizione di arte tedesca.
Hitler comincia a essere nervoso. Il suo progetto non è
decollato. Ora in mano ha soltanto un tempio e il suo sacro
contenuto manca all’appello. Un ordine calato dall’alto,
un’ideologia imposta con la forza non bastano a dar vita a una
nuova tendenza nell’arte. Poiché la nuova “arte tedesca” da sola
non convince abbastanza, è necessario fornirle un contraltare,
così da farla emergere con maggior chiarezza sullo sfondo di
uno scenario negativo. L’idea di una diffamazione pubblica
dell’arte coltivata nell’odiato “periodo di assestamento” (come i
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