Page 188 - Il mercante d'arte di Hitler
P. 188

31
                licenziamento, il 14 luglio lascia libero il posto . Un mese più
                tardi, assieme a lui esce l’intero consiglio direttivo. Il rapporto

                annuale  del  1933  recita  laconico  già  nelle  prime  righe:  «Il
                rinnovamento politico del Reich ha reso necessaria quest’anno

                                                                              32
                una riorganizzazione anche del Kunstverein» .
                   Ma  l’atto  finale  che  fa  scattare  il  minacciato  licenziamento

                per Gurlitt è il suo plateale rifiuto di apporre la bandiera. Con

                un gesto di resistenza, Gurlitt fa rimuovere dall’edificio l’asta
                difettosa  dall’inizio  dell’anno,  così  da  non  dover  issare  la

                bandiera  con  la  svastica.  In  tal  modo  va  a  colpire  i

                nazionalsocialisti  in  un  punto  particolarmente  sensibile.  La

                bandiera  è  per  loro  una  parte  fondamentale  della  propria

                autorappresentazione a livello pubblico, non sono ammesse foto
                o  film,  dove  non  siano  visibili  la  svastica  o  altri  simboli  del

                partito. Chi vi viene meno è subito identificato come oppositore

                del sistema. Per Hildebrand Gurlitt, in ogni caso, il caso della

                bandiera ha le sue conseguenze. Il sindaco Krogmann, che fin

                qui gli ha dimostrato il suo favore, ora lo lascia cadere, anzi se
                la prenderà con lui per l’accaduto settimane più tardi. Quando

                ad  agosto  del  1933  il  pittore  Rolf  Nesch  va  a  far  visita  al

                sindaco,  per  chiedergli  in  prestito  del  denaro,  in  qualità  di

                collezionista, nel sentir nominare Gurlitt, Krogmann va su tutte

                le furie: «Avevo un foglietto su cui avevo fatto una lista di cose,

                cominciai con la lettera G di Gurlitt, ma a quel punto lui saltò su
                per  quella  storia  della  sua  bandiera.  Dovetti  subito  lasciar

                                              33
                perdere  il  discorso» .  Che  sia  l’episodio  della  bandiera  a
                segnare  il  destino  di  Gurlitt  è  confermato  anni  dopo  anche

                dall’ex  membro  del  consiglio  direttivo  del  Kunstverein  Otto

                Blumenfeld,  nel  suo  riscontro  durante  il  processo  di

                denazificazione su Hildebrand Gurlitt: «Il motivo […] era il suo




                                                          188
   183   184   185   186   187   188   189   190   191   192   193