Page 124 - Il mercante d'arte di Hitler
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innalzare il gusto artistico delle classi proletarie e mostrare loro
un’alternativa agli oggetti pacchiani che arredano le pareti di
casa. Appena pochi anni più tardi, nella fase germinale del
Terzo Reich, tutte queste idee – le esposizioni nelle fabbriche, la
contrapposizione di arte e kitsch, il tentativo di avvicinare il
popolo all’arte – verranno in parte riprese dai simpatizzanti del
Partito nazionalsocialista, che credono ancora nel
nazionalsocialismo come una forma di rivoluzione sociale. Il
pittore espressionista Otto Andreas Schreiber è uno di questi, e
nel 1933 si iscriverà al partito. Quale rappresentante degli
studenti nazionalsocialisti cercherà di consolidare il ruolo
dell’Espressionismo come arte di Stato e organizzerà più di
duemila mostre nelle fabbriche. «Ma per poter incoraggiare
questo sviluppo, oggi più che mai l’artista deve portare e far
vedere al popolo le proprie opere […], portiamole allora nelle
fabbriche, nelle aziende, nelle officine, la cui stessa costruzione
ha dato origine a quel divario esistente oggi tra l’arte e il
popolo. […] Se l’artista non si limita soltanto a organizzare
mostre nelle fabbriche, ma va egli stesso di persona in fabbrica,
durante le pause, a spiegare le proprie opere ai nostri
connazionali adusi al lavoro manuale, e se riesce al contempo a
farsi un’idea del loro lavoro, come loro del suo, allora sarà
davvero possibile avviare una relazione feconda per entrambe le
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parti», questo il credo di Schreiber .
Parole tanto appassionate sarebbero potute uscire anche dalla
bocca di un irremovibile democratico della Repubblica di
Weimar. Il lavoro di intermediazione, l’attenzione a un pubblico
inizialmente refrattario all’arte sarà anche l’obiettivo di
Hildebrand Gurlitt. Nel suo saggio Museen und Ausstellungen
in mittleren Industriestädten (Musei e mostre nelle piccole e
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