Page 98 - Papaveri e papere
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Il primo ministro socialista, a quarantott’ore delle elezioni politiche,
commenta l’ultima bomba dell’ETA con l’osservazione cinica che «un po’
di tensione ci conviene, drammatizzeremo la campagna»: pensa di fare una
confidenza all’intervistatore televisivo amico, invece lo sente tutto lo
studio e finisce sulle agenzie. Stessa storia per Rajoy, alla vigilia della
festa nazionale spagnola, segnata dalla tradizionale parata delle forze
armate. A una riunione di partito, a La Coruna, il segretario chiacchiera
sottovoce, al tavolo degli oratori, con l’amico Javier Arenas. E, irritato al
pensiero del weekend perduto, sbotta: «Domani ho questa rottura di palle
della sfilata. Proprio un programma appassionante». Non male, per il capo
del partito che si presenta come il difensore della classe militare.
Non solo i politici le sparano grosse a Madrid. Prendete Emilio Botin,
presidente della più grande banca spagnola, il Santander. E lui che in una
pubblica lezione spiega come essere un istituto d’eccellenza: «Se non
capisci bene un prodotto finanziario, non comprarlo. Se non lo compreresti
per te stesso, non cercare di venderlo». Saranno contenti di sentirselo dire i
clienti della sua banca: credevano di aver messo al sicuro i loro soldi nei
forzieri del Santander, e invece sono finiti nella gigantesca fornace della
frode finanziaria di Bernard Madoff. Risultato, hanno perso 2 miliardi e
300 milioni di euro.
E in Italia il catalogo è questo…
Ma è tempo di ripassare le Alpi. Il Financial Times, come s’è visto,
punta subito al bersaglio grosso e spara su Palazzo Chigi. Sarebbe
tuttavia ingiusto tagliar fuori dalla competizione, solo per minor fama,
la ricca fauna di gaffeur che si aggira tra Montecitorio e Palazzo
Madama, storiche sedi delle due Camere. Forse perché tra i mille e
passa parlamentari quelli provenienti dall’immigrazione
extracomunitaria sono soltanto due, i nostri rappresentanti scivolano
spesso sulle relazioni razziali. E non solo i leghisti, che lo fanno con
intenzione. Capita pure a un politico accorto come Pier Ferdinando
Casini, leader dell’UDC. Va in tv a farsi intervistare e si lascia scappare
che quando parla con il comunista Oliviero Diliberto e con i Verdi, gli
sembra di «avere a che fare con dei baluba». Non ce l’aveva ovviamente
con la tribù del Congo, ma usava il termine nell’accezione in voga tra i
milanesi per indicare — secondo il dizionario Zingarelli — «una
persona rozza e incolta». Insomma, gaffe doppia, verso i remoti baluba
e i più vicini italiani trattati da bifolchi. Pronte comunque le scuse, a
tutti e due.