Page 93 - Papaveri e papere
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A Mosca, a Mosca…, vorrebbero fuggire i personaggi di Cechov. Ma
che città confusa avrebbero trovato in quel fatidico decennio Novanta
del secolo scorso, che segna il passaggio dalla dittatura comunista
all’anarchia di Eltsin e poi ancora al regime personale dello «zar» Putin.
Confusa, e ad alta gradazione alcolica… Il fiume di vodka che la
attraversa sembra più forte della corrente della Moscova e alimenta una
piscina perenne proprio dentro il Cremlino.
Le abitudini etiliche di Boris Eltsin erano da sempre note ai russi, peraltro
tradizionalmente inclini a perdonare i leader che alzano il gomito. Ma le
scene in cui il presidente della Federazione si esibisce in pubblico si fanno
sempre più imbarazzanti. Passi per il goffo balletto rock in cui si imbarca
alticcio in piena campagna elettorale: tutto sommato, serve a convincere
gli elettori che le sue condizioni di salute sono meno disastrate di quanto
siano in realtà. Ma l’ubriachezza si fa molesta per tutti quando, in visita a
Berlino, il gigantesco Eltsin strappa la bacchetta di mano al direttore della
banda ufficiale e si mette lui a dirigere i musicisti in divisa,
accompagnando le ridicole mosse del bastoncino con le movenze di un
orso ubriaco.
Fa ancora peggio di ritorno da un vertice americano con Bill Clinton.
L’aereo fa scalo in Irlanda, all’aeroporto di Shannon: ai piedi della scaletta
già lo aspettano l’ambasciatore russo a Dublino, diplomatici, banda,
picchetto d’onore, il primo ministro irlandese Albert Reynolds, con la
moglie che ha in mano un omaggio floreale per Naina Eltsina. Passano
cinque minuti, poi dieci, e nessuna traccia del leader russo. Sul tappeto
rosso a bordo pista l’impazienza diventa nervosismo. Alla fine, dal portello
dell’Ilyushin si affaccia il vicepremier Oleg Soskovets, per annunciare agli
increduli irlandesi che zar Boris si sente male e i colloqui ufficiali devono
essere rimandati. Mal d’aria, mal di cuore o mal di vodka? Si propende,
unanimi, per la terza diagnosi. Tanto più che, arrivato a Mosca, lui si
giustifica candidamente: «Le mie guardie del corpo non mi hanno
svegliato».
Purtroppo per lui, nemmeno i suoi consiglieri politici lo avevano
abbastanza sorvegliato durante la visita a Londra, una settimana prima,
sulla via per Washington. E lì si era sfiorato l’incidente diplomatico.
Eltsin era ospite del premier John Major, nella casa di campagna ai
Chequers, per colloqui definiti informali. Anche troppo, grazie all’aiuto
dell’alcol. A cena Boris Nikolaevic fu in qualche modo folgorato dalla
principessa Alexandra, non più giovanissima ma sempre affascinante