Page 95 - Papaveri e papere
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comune accettabile ai nostri partner iraniani».
Il linguaggio si fa da caserma in un fuori onda col premier israeliano Ehud
Olmert, che lo incontra quando a Tel Aviv il presidente Moshe Katsav è
finito sotto accusa per presunte violenze sessuali. «Mi saluti il suo
presidente», si entusiasma il boss del Cremlino, nel microfono rimasto
acceso. «Si è rivelato davvero un uomo potente! Ha stuprato dieci donne,
non me l’aspettavo da lui. Ci ha colpiti, siamo tutti invidiosi.» Per sua
fortuna, l’opinione pubblica moscovita non è mai severa col potere.
In Giappone, grazie al cielo, giornalisti ed elettori sono meno ossequiosi e
le gaffe – verbali e non – dei politici provocano rimpasti di governo a
ripetizione. Come lo scorso febbraio, quando il ministro dell’economia
Shoichi Nakagawa si presenta barcollante alla conferenza stampa
conclusiva del G7, a Roma. Le palpebre che calano sugli occhi, la lingua
impastata, frasi sconnesse e farfugliate. Il giudizio dei cronisti è unanime e
impietoso: è ubriaco. Lui cerca di giustificarsi con la medicina contro il
raffreddore (lo aveva fatto anche Sarkozy in circostanze analoghe poco
dopo la sua elezione), ma in Giappone non se la beve nessuno. E costretto
alle dimissioni.
Non erano invece ebbri ma solo sventati l’ex premier Shinzo Abe e il suo
ministro della Difesa, Fumio Kyuma. Abe è durato poco, il suo ministro
anche meno: dopo aver sostenuto che i bombardamenti atomici su
Hiroshima e Nagasaki «erano inevitabili», e per di più erano serviti a
evitare al Giappone un’invasione sovietica, non gli è rimasto altro da fare
che dimettersi, nel luglio 2007. Il suo capo lo ha seguito presto, ma già
poco dopo l’investitura, nell’estate 2006, aveva fatto capire di che pasta
era. Al primo incontro con Bush era infatti arrivato con una bella
istantanea, scattata negli anni Cinquanta: ritraeva il nonno del leader
americano, il senatore Prescott Bush, mentre giocava a golf con il nonno
materno di Shinzo Abe, il signor Nobusuke Kishi. Come dire, veniamo
dalle stesse élite. Peccato che nonno Kishi nel 1945 fosse finito in carcere
per tre anni come «criminale di guerra»: da viceministro del Commercio e
dell’industria nel gabinetto di guerra del generale Tojo, era stato tra i
maggiori organizzatori dei micidiali lager giapponesi in Manciuria e in
Cina.
Si salvano forse, da lapsus e pasticci, gli austeri tedeschi? Non contateci.
Da sfruttare certamente, come testi monial per una campagna antialcol, il
governatore cristianosociale della Baviera, Gunther Beckstein, che in piena
campagna elettorale dichiara: «Non è un problema se bevete un litro o due